Luca. 2,1-14
“OGGI E’ NATO PER TUTTI VOI UN SALVATORE”…
Luca,2, come tutto il vangelo, è una rilettura della storia della Salvezza, non un libro di storia (infatti i due racconti evangelici sono molto diversi).
Mentre il Potere si mette sul piedestallo e si divinizza per dominare gli uomini (Cesare Ottaviano diventa Cesare Augusto, cioè degno di venerazione, divino), Dio si umanizza per condividere la via in pienezza. E’ questo il messaggio di Natale.
Ottaviano (il divino) ordina che si censisca tutta la terra abitata (l’impero) per dominarla, sottomettere tutti e riscuotere le tasse (a questo serviva il censimento). Da molti ebrei veniva visto come un attentato contro Dio (Signore degli uomini della terra) ed erano nati movimenti (es. gli Zeloti) che protestavano contro queste forme di censimento mirato al dominio (tasse e servizio militare dei maschi).
E continua: “Dalla Galilea, da Nazareth salì in Giudea alla città di Davide” – che Luca specifica “chiamata Betlemme”. Nella Bibbia è sempre Gerusalemme la città di Davide, dove ha iniziato la sua monarchia. Ma Luca lo specifica perché non è d’accordo,
Betlemme è la città di nascita, dove è stato da piccolo “Pastore”. Ci fa capire che Gesù che nasce è discendente di Davide-pastore (quello di Betlemme) e non di Davide re di Gerusalemme.
Scrive ancora Luca “Giuseppe doveva farsi censire insieme a Maria sua sposa” (il senso è Maria promessa sposa, prima di diventare moglie convivente, nell’anno di impegno). E’ una coppia che è rimasta nella prima fase del matrimonio – una coppia di fatto nei termini odierni – dello sposalizio (anche se questo destava scandalo nella primitiva comunità). Infatti nel 4° secolo il termine sposa sarà sostituito con il termine “moglie” (nella versione siriaca).
“Mentre si trovavano in quel luogo si compirono per lei i giorni del parto”. Venuti da Nazareth a Betlemme (140-150 km) naturalmente a piedi, ma nessuna donna gravida poteva permetterselo.
Sono quindi arrivati quando Maria poteva permettersi quel viaggio se mai avvenne.
“Diede alla luce il suo primogenito”. Primogenito è il primo (anche quando rimane solo) figlio maschio, quello che deve essere consacrato, secondo la tradizione (Esodo 13,2), al Signore.
“Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”. Nasce come tutti i bambini, è accudito, circondato di cure, in un luogo occasionale ..
Poi, rifacendosi al profeta Isaia, dice che “Israele non conosce il suo padrone”, “Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto”, dice Giovanni, perché “per loro non c’era posto nell’alloggio”. L’alloggio palestinese normale era fatto di due vani, il primo, più sicuro, scavato nella roccia o nel tufo, più pulito, più sano dove si conservavano gli alimenti (e dove c’è la mangiatoia, poi un’unica stanza esterna in muratura dove si svolge – giorno e notte – tutta la vita della famiglia. Qui, in cucina, si mangia, si dorme, si cucina. Quando una donna partorisce (secondo il Levitico) è impura (come tutto quello che tocca, le persone che avvicina) e, quindi, non può stare lì nell’alloggio dove ci sono tutti, ma deve andare nella parte interna. Continua Luca :“ In quella regione c’erano alcuni pastori”. Quando Luca ne parla (non sono i personaggi dei nostri presepi!), i pastori sono, secondo il Talmud, appartenenti ad una “condizione disprezzata” (lontani dalla società civile, non avevano diritti, vivevano con gli animali e come gli animali, non potevano andare al tempio, erano l’immagine del peccatore impuro).
Quando viene il Signore – dice Luca – ci sono loro, quelli che la società civile voleva eliminare ed è a loro che Gesù si rivolge.
“Un angelo del Signore” (è Dio stesso che rivolge un messaggio = angelo) che entra in relazione con loro e sempre offrendo un messaggio di vita.
“Si presenta a loro” e con la Buona Notizia “E’ nato per voi il Salvatore” la gloria del Signore li avvolge di luce.
Con questa scelta, Luca smentisce, cancella la teologia preesistente del Dio giudice, castigatore, minaccioso: ora si incontra con il peccatore e lo avvolge con la luce del suo amore. Ma i pastori, che non lo sanno, “sono presi da grande paura”, non sapevano che questo era l’atteggiamento del Dio di Gesù di Nazareth..
Non c’è, per Luca, nessun uomo, nessuna donna, qualunque sia la sua condizione, che possa sentirsi esclusa dall’amore di Dio!
Questa è la buona notizia: tutti viviamo una vita che ha senso per Dio e deve averlo anche per noi..
Alcune riflessioni concrete
1.Dovremmo ragionare e chiederci: che cosa vuol dire per noi il messaggio di Natale a Torino, in Italia o in Europa, in occidente, in questo momento storico ?
Gli atteggiamenti che abbiamo sono compatibili col DIO DELLA MISERICORDIA?
2. L’invito di papa Francesco di accogliere, dialogare coi fratelli “senza casa” o con chi arriva dalla guerra, dalla disperazione quanto conta? Che cosa ci ha fatto scegliere: una risposta in positivo di commemorare la Nascita di un “uomo fallito” portatore di speranza? (vi leggo per questo il messaggio di Natale che ho preparato per tutti)
3.Analizziamo le scelte fatte in questo anno sulla pace, sul dialogo coi fratelli ebrei, cristiani, di nessuna religione e anche musulmani, sull’accoglienza dei rifugiati, sui senza fissa dimora, sostenendo famiglie e persone in difficoltà, sulla difesa del creato . E’ stata all’altezza della situazione come persone e come comunità? Mai ho vissuto con tanta difficoltà in un paese che ha fatto della paura, dell’insulto, del razzismo. del privilegio la bandiera. A questo collego il mio augurio di Natale scritto.”RESTIAMO UMANI”, SIAMO AUGURIO PER CHI CI INCONTRA.!
SINTESI
Dio si umanizza per condividere la vita in pienezza. Questo è il messaggio del Natale.
L’annuncio della nascita del Salvatore viene data ai pastori cioè a coloro che la società civile riteneva lontani da Dio, non avevano diritti, vivevano con gli animali e come gli animali, impuri.
Il messaggio è che non c’è nessun uomo, nessuna donna, qualunque sia la sua condizione, il suo comportamento, che possa sentirsi escluso dall’amore di Dio.
Il Natale non è memoria d’un fatto compiutosi nel passato, ma presa di coscienza che, crescendo in umanità, si propaga il divino attorno a noi.
Ogni gesto di bene, ogni segno di cura che dona dignità all’essere umano, ogni abbraccio che scalda contribuisce ad incarnare Dio nel mondo
Il Natale deve essere la consapevolezza di divenire sempre più un tutt’uno con la divinità che ci abita e quindi abilitati a rendere presente Dio nel mondo, ad incarnare Dio.
Vivremo il Natale quando, da uomini e donne trasfigurate dal Dio in noi, diventiamo operatori di pace, contrastiamo il male col bene, rialziamo chi è nella polvere, accogliamo gli esclusi. Quando i limiti, le fragilità e le colpe degli altri non diventano pretesto di violenza e separazione, bensì possibilità di abbraccio, perdono e occasione di rinascita.