È morto il prete amico degli immigrati e pioniere della pastorale delle migrazioni. A 90 anni don Luciano Allais è tornato al Padre il 16 agosto 2018 a Coazze dove era nato il 18 luglio 1928. Alunno dei Seminari diocesani – Giaveno, Chieri, Torino-Metropolitano, Rivoli – e sacerdote dal 29 giugno 1951, è viceparroco a San Lorenzo di Giaveno (1953-55) e poi di Maria Speranza Nostra di Torino (1955-61). Dedica la vita agli immigrati; scrive articoli e libri; vara progetti innovativi; interpreta se stesso nel film di Ettore Scola «Trevico-Torino».

Don Franco Peradotto, suo grande amico e compagno di Seminario, di Messa e di parrocchia ricorda: «Al sacerdozio siamo arrivati in 16 dei 70 che eravamo partiti nel 1939». Don Allais comincia a occuparsi di immigrati negli anni Cinquanta. Torino in 60 anni (1901-61) passa da 335.656 a 1.050.910 abitanti, ma l’incremento naturale – la differenza tra nati e morti – è solo 13.035 unità, mentre il saldo tra immigrati ed emigrati è attivo di ben 702.219.  I treni dal Sud scaricano a Porta Nuova frotte di immigrati, che trascinano valigie di cartone legate con lo spago. «La Stampa» del 1° gennaio 1959 titola «Ogni giorno la nostra città aumenta di 73 abitanti».

Nel 1956 don Peradotto è destinato viceparroco alla Speranza, in via Chatillon 41, Barriera di Milano, operaia, proletaria, immigrata. Parroco dal 1940 è il can. Lodovico Ellena; tre i viceparroci: don Gian Maria Cravero (1954), don Luciano Allais (1955), don Franco Peradotto (1956). Nel 1960 la parrocchia conta 20 mila abitanti, 3 mila più del 1957. Una comunità attrezzata e organizzata: asilo, oratorio maschile, cinema-teatro «Chatillon», doposcuola, Azione Cattolica, San Vincenzo.

Nel 1961 il dott. Carlo Bussi, direttore dell’Ufficio assistenza Fiat, si rivolge a don Giovanni Griva, presidente dell’Oda (Opera diocesana assistenza, l’attuale Caritas diocesana), proponendo di finanziare un’attività a sostegno degli immigrati. Il Centro assistenza immigrati (Cai) nasce per gemmazione dall’Oda, fa capo a don Allais e alla parrocchia della Speranza. Sostenuto dal vescovo coadiutore Felicissimo Stefano Tinivella, il Cai vara un piano di aiuti e iniziative concordato tra parrocchie e congregazioni, oratori e associazioni. Ogni Cai è diretto da un assistente sociale in contatto con le parrocchie.

Confida don Peradotto: «Tante famiglie operaie venivano a chiederci consiglio.

Comparivano i primi cartelli “Non si affitta ai meridionali”. Il parroco decise che non saremmo andati a benedire quelle case. Insisteva su un concetto, non molto diffuso: si parlava di “napuli” ma erano cittadini italiani. Con don Allais andavamo a Porta Nuova ad aspettare i treni degli immigrati e li accoglievamo come cittadini». Spiega con Allais: «I cartelli “Non si affitta ai meridionali” erano eloquenti sul disorientamento dei torinesi di fronte a una città di provincia che in breve tempo cambiava disordinatamente fisionomia e veniva stravolta nelle abitudini».

L’attività di Allais, prima del genere in Italia, ha larga risonanza: la Rai manda in onda a puntate un programma della regista Liliana Cavani: denuncia le condizioni disastrose delle casermette di Borgo San Paolo e la latitanza di enti pubblici e Fiat. Don Allais suggerisce di finanziare un’attività sociale per gli immigrati (Ente ialiano servizio sociale, Eiss) e spiega a «La Stampa» (10 gennaio 1965): «Gli immigrati sanno di poter contare sull’assistenza. Gli istituti sono sovraccarichi di bambini affidati loro da Comune, Provincia, Opera Maternità per sottrarli alla miseria».

Della pastorale dell’immigrazione don Allais è l’inventore in diocesi. Nel 1969 scrive alle autorità torinesi, ai vescovi del Sud e alla Cassa per il Mezzogiorno: «I problemi sono andati crescendo di dimensione e intensità senza che gli enti prendessero le misure per prevenire conseguenze incresciose. Numerosi immigrati sono costretti a dormire nell’asilo notturno o in stazione. Le retribuzioni si aggirano sulle 90 mila lire e, dedotto vitto e alloggio, il risparmio è di 15-20 mila lire. Il trasferimento a Torino è conveniente solo per persone sole e sicure di trovare una sistemazione: alloggi a prezzi accessibili per lavoratori con famiglia non esistono».

In un telegramma a Gianni Agnelli denuncia le precarie condizioni degli immigrati: «In un incontro cordiale in corso Marconi spiegai cosa stava facendo la Chiesa torinese e denunciai l’assenza delle istituzioni e della Fiat. Non era opportuno

favorire altre ondate finché non si fossero approntate adeguate politiche per la casa, la scuola, la sanità. L’Avvocato mi assicurò che l’immigrazione era temporanea e che la Fiat aveva in progetto impianti al Sud dove molti, tornando indietro, avrebbero trovato lavoro».

L’esperimento pilota parte dalla Speranza con due assistenti sociali arrivate da Messina e due sacerdoti «prestati» da Oppido Mamertina. Il Cai organizza corsi per analfabeti, completamento delle elementari, qualificazione tecnica, specializzazione in lingue, lavori femminili, economia domestica; aiuta le famiglie che abitano in case fatiscenti; si occupa di assistenza sanitaria; organizza cineforum. La parrocchia coinvolge e prepara bambini e adulti ai Sacramenti. Sono coinvolte 25 parrocchie di Torino e cintura. Ancora don Allais: «Nostra intenzione era limitare nel tempo l’intervento e incoraggiare parrocchie e sacerdoti a mobilitarsi. Grazie anche ai sacerdoti «prestati» dal Sud, le cose cambiano. Organizzai un viaggio di alcuni preti torinesi in Puglia, Calabria e Sicilia per invitare i vescovi a mandare preti a Torino: in pochi mesi 29 sacerdoti di 14 diocesi a turno trascorrono uno-tre mesi a Torino, visitano le famiglie, incontrano i compaesani a Porta Palazzo». Arrivano preti anche da altre diocesi subalpine: Acqui, Alba, Asti, Mondovì, Pinerolo, Susa.

Don Fredo Olivero, che per molti anni si è occupato degli immigrati extracomunitari, dice: «Don Allais è il più capace prete negli anni Cinquanta-Settanta in materia di assistenza e immigrazione».

Pier Giuseppe Accornero