Ein Deutsches Requiem
Johannes Brahms
Associazione Pietro Canonica e Resonare Ensemble
Versione per soli, coro e pianoforte e quattro mani dell’autore.
Laura Lanfranchi, soprano
Lorenzo Battagion, baritono
Gruppo vocale Resonare
Marco Chiappero, direttore
Sara Musso e Maria Grazia Perello, duo pianistico
Ein deutsches Requiem, noto in Italia come Requiem tedesco, è un’opera sacra sinfonica e corale che si colloca senza dubbio tra le maggiori composizioni di Johannes Brahms per corposità e grandiosità.
L’opera ha avuto un lungo periodo di gestazione durante il quale la vita del compositore tedesco è stata segnata da due eventi luttuosi e tragici: la morte di Schumann, suo maestro prima e amico spirituale poi, e la morte della madre, alla cui memoria il compositore ha dedicato l’opera. La stesura risale per la maggior parte al periodo 1866 1867, anno di una prima esecuzione, seppur parziale, alla Gesellschaft di Vienna, dove il pubblico e la critica accolgono il lavoro con poco entusiasmo.
Sarà l’esecuzione del 1868, diretta da Brahms stesso nel Duomo di Brema, a segnare il futuro della composizione. L’esecuzione di Ein Deutsches Requiem ottiene un enorme successo e pochi mesi dopo il Requiem viene eseguito in molte città d’Europa. Il brano per soprano solo e coro «Ihr habt nun Traurigkeit» fu aggiunto dal compositore in un secondo momento e l’opera fu finalmente rappresentata nella sua attuale forma completa alla Gewandhaus di Lipsia il 18 febbraio 1869.
Successivamente compaiono le prime edizioni a stampa della partitura, subito seguite da due riduzioni elaborate da Brahms stesso: una per pianoforte solo e la seconda per pianoforte a quattro mani. La trascrizione per duo pianistico venne eseguita per la prima volta nel 1871 a Londra; si tratta ovviamente di una versione molto diversa da quella orchestrale ma non meno interessante. Brahms utilizza lo strumento in modo sapiente, con una scrittura che permette una ricerca infinita di colori e timbri mentre la scrittura corale si esprime con raccoglimento e in maniera più intima.
Ein Deutsches Requiem è una riflessione sulla morte, da cui nasce un canto che trasmette speranza, più che disperazione. Con quest’opera, la meditazione del compositore di spinge oltre la scontata destinazione liturgica del Requiem. Nel caso di Brahms infatti, l’ispirazione musicale si basa su una libera scelta di versetti, in lingua tedesca, tratti dalle Sacre Scritture con cui il compositore tedesco si rifà alla tradizione funebre luterana barocca.
Non si tratta quindi di un Requiem in senso propriamente liturgico e non ha una diretta relazione con le messe funebri in latino come quelle composte da Mozart o Verdi. E’ un’opera concepita essenzialmente per le rappresentazioni concertistiche. Questa funzione si rispecchia indirettamente nel testo, che è di forma abbastanza libera. Brahms stesso compose un libretto traendolo dalla Bibbia in tedesco nella versione di Martin Lutero. Il concetto di fondo portato avanti da Brahms era comunque di natura più filosofica che politica: le persone cui portare aiuto e consolazione non sono i morti, ma i vivi. Il tono di pace e consolazione, peraltro, è chiaramente percepibile sin dalle prime battute dell’opera e rimane tale anche nell’ultimo brano, che riecheggia il primo numero e porta a compimento, in maniera quasi ciclica, il lavoro.
La ricchezza dell’articolazione tra testo e musica è collegata a molteplici riferimenti linguistici, per lo più accolti dalla tradizione luterana e dalla scrittura di Bach, con i suoi fugati, gli andamenti di corale, le progressioni discendenti, sino a saper organizzare un originalissima e limpida scrittura a quattro parti ricca anche di inflessioni modali.
I sette episodi che compongono il Requiem ruotano intorno al quarto movimento, un adagio di grande impatto emotivo, intorno a cui si dispongono in modo simmetrico il n. 3 e il n. 5, il n. 2 e il n. 6, il n. 1 e il n. 7.
Così dall’esaltazione degli afflitti del Vangelo di S.Matteo del primo brano si passa nel secondo ad un’impressionante marcia funebre che sfocia in una grandiosa fuga ripresa nel sesto dopo l’andamento processionale del coro in una doppia fuga a rimarcare “la gloria, l’onore, la potenza” divine. Il terzo ed il quinto episodio hanno similitudini responsoriali iniziali, prima baritono e coro e poi, nel quinto, soprano e coro con la madre che consola il suo bambino e pare unire le sofferenze di trapassati e sopravvissuti. Nel quarto si passa alla visione rasserenatrice del Salmo 125 e quindi il settimo torna quasi come citazione del materiale iniziale all’esaltazione degli afflitti di S. Matteo con la redenzione dei morti annunciata dall’Apocalisse.
Marco Chiappero