Possiamo ancora far qualcosa  che abbia senso per noi?

 

Con il mercoledì delle ceneri inizia la quaresima. Per comprendere il significato di questo periodo occorre esaminare la diversa liturgia pre e post-conciliare. Prima della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri era accompagnata dalle parole “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, secondo la maledizione del Signore all’uomo peccatore contenuta nel Libro della Genesi (Gen 3,19). E con questo lugubre monito iniziava un periodo caratterizzato dalle penitenze, dai sacrifici e dalle mortificazioni. Oggi l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito evangelico “Convertiti e credi al vangelo”, secondo le prime parole pronunciate da Gesù nel Vangelo di Marco (Mc 1,15). Un invito al cambiamento di vita, orientando la propria esistenza al bene dell’altro e a dare adesione alla buona notizia di Gesù. L’uomo non è polvere e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per questo ha una vita di una qualità tale che è eterna, cioè indistruttibile, e per questo capace di superare la morte. In queste due diverse impostazioni teologiche sta il significato della quaresima. Mai Gesù nel suo insegnamento ha invitato a fare penitenza, a mortificarsi, e tanto meno a fare sacrifici. Anzi, ha detto il contrario: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 12,7). I sacrifici centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione spirituale, la misericordia orienta l’uomo al bene del fratello. Sacrifici, penitenze, mortificazioni infatti non fanno che centrare l’uomo su se stesso, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo atteggiamento. Paolo di Tarso, che in quanto fanatico fariseo ea un convinto assertore di queste pratiche, una volta conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi: “Nessuno dunque vi condanni in fatto di cibo o di bevanda, o per feste, noviluni e sabati… Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: Non prendere, non gustare, non toccare? Sono tutte cose destinate a scomparire con l’uso, prescrizioni e insegnamenti umani, che hanno una parvenza di sapienza con la loro falsa religiosità e umiltà e mortificazione del corpo, ma in realtà non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,16.20-23). Paolo aveva compreso molto bene che queste pratiche centrano l’uomo su se stesso, nel miraggio di una impossibile perfezione spirituale, tanto lontana e irraggiungibile quanto grande è la propria ambizione. Per questo Gesù invita invece al dono di sé, immediato e concreto, tanto quanto è grande la propria capacità di amare. La quaresima non è orientata al venerdì santo, ma alla Pasqua di risurrezione  . Per questo non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni. Si tratta di scoprire forme nuove, originali, inedite, di perdono, di generosità e di servizio, che innalzano la qualità del proprio amore per metterlo in sintonia con quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua come pienezza della vita del Cristo e propria. Per questo oggi c’è l’imposizione delle ceneri. Pratica che si rifà all’uso agricolo dei contadini che conservavano tutto l’inverno le ceneri del camino, per poi, verso la fine dell’inverno, spargerle sul terreno, come fattore vitalizzante per dare nuova energia alla terra. Ed è questo il significato delle ceneri: l’accoglienza della buona notizia di Gesù (“Convertiti e credi al vangelo”), è l’elemento vitale che vivifica la nostra esistenza, fa scoprire forme nuove originali di amore, e fa fiorire tutte quelle capacità di dono che sono latenti e che attendevano solo il momento propizio per emergere

L’augurio e l’impegno  che propongo sono di utilizzare questo tempo per

1-momenti di silenzio e riflessione :una mezz’ora la settimana da soli o insieme. Anche una famiglia con i ragazzi può proporre 10 minuti di silenzio rigenerante

2-maggiore attenzione alla condivisione di tempo, sostegno anche economico ,ascolto di chi vive nel bisogno  .Facciamo un piccolo segno di condivisione da tenere nel tempo con una scelta di vita modesta:

”viviamo semplicemente perché altri ,semplicemente, vivano”(Ghandi)

 

GESÙ DIGIUNA PER QUARANTA GIORNI NEL DESERTO ED È TENTATO

Mt 4,1-11

I quattro monti che appaiono nel vangelo di Matteo, sono collegati, sono in relazione l’uno con l’altro: al monte delle beatitudini, corrisponderà il monte della resurrezione, cioè, vivendo le beatitudini, si ha una vita capace di superare la morte; al monte delle tentazioni, dove il diavolo offre la condizione divina a Gesù, basta che adora il potere, corrisponderà il monte della trasfigurazione, dove Gesù dimostrerà che la condizione divina non si ottiene attraverso il potere, ma attraverso l’amore, attraverso il dono generoso di sé. Vediamo questo capitolo quarto del vangelo di Matteo, dove vengono presentate queste tentazioni di Gesù, che, per comprenderle meglio, dobbiamo metterle nel loro contesto, non si tratta di tentazioni, le tentazioni sembrano qualcosa che spinge al male, al peccato, nulla di tutto questo. Il diavolo, come adesso vedremo, non si presenta come un avversario di Gesù, ma come un suo collaboratore, uno che vuole il suo successo. Vediamo.

“Allora Gesù”, l’allora lega il brano dell’evangelista al battesimo nello Spirito, quindi Gesù è  pieno dello Spirito, e lo Spirito gli è stato dato perché lui si è impegnato a manifestare fedelmente la realtà di Dio, “fu condotto dallo Spirito nel deserto”, il deserto richiama tante cose, richiama l’esodo, il cammino della liberazione, richiama il periodo della prova e anche richiama il luogo del potere, dove i banditi, coloro che volevano conquistare il potere, si radunavano, “per essere tentato dal diavolo”, è da ricordare che il diavolo, nel vangelo di Matteo, appare soltanto in questo unico episodio.

“Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti”, quaranta indica una generazione, l’evangelista vuol far comprendere: attenzione, questa che adesso sto presentando, non è un limitato periodo della vita di Gesù, ma tutta la vita Gesù, tutta la sua esistenza, fu sottoposto a queste seduzioni. È importante che l’evangelista sottolinea che il digiuno è quaranta giorni e quaranta notti, per indicare che non è il digiuno religioso, che inizia all’alba e termina al tramonto, ma è una prova di forza, perché l’evangelista vuol mostrare che Gesù è uguale, è superiore a Elia, a Mosè, gli altri che hanno digiunato quaranta giorni e quaranta notti.

“Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio”, il tentatore non mette in dubbio che Gesù sia il figlio di Dio – al momento del battesimo c’è stata la proclamazione da parte di Dio: questo è mio figlio – ma lo invita, potremmo tradurre meglio per comprendere meglio: giacché sei il figlio di Dio, cioè sei il figlio di Dio? Allora manifesta il tuo potere, perché questa è l’opposizione che c’è nel vangelo: mentre Dio è amore che si manifesta nel servizio, il diavolo è il potere che si manifesta nel dominio. Allora questo tentatore dice: giacché sei il figlio di Dio, “di’ che queste pietre diventino pane»”, cioè usa le tue capacità, il tuo potere, per te stesso. Ma Gesù  risponde, e risponderà ogni volta, citando la parola del Signore: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»”. Quindi Gesù esprime la sua piena fiducia nell’azione del Padre, nel mettere in pratica la sua parola, e Gesù, nel corso del vangelo si vedrà, non userà le propria capacità per alimentare se stesso, ma lui, il figlio di Dio, si farà pane, alimento di vita, per gli altri.

            “Allora il diavolo lo portò nella città santa”, sotto le vesti del diavolo qui l’evangelista sta anticipando quella che sarà l’azione dei farisei, dei sadducei, dei dottori della legge, tutta l’istituzione religiosa. Il diavolo non si presenta come un nemico, un rivale di Dio, il peccatore, ma il diavolo c’ha i suoi adepti proprio nella casta sacerdotale al potere, che vuole detenere appunto il dominio.

Lo porta nella città santa e “lo pose sul punto più alto del tempio”, questo diavolo  evidentemente non solo conosce la scrittura, ma conosce anche gli apocrifi, perché nel libro di Ezra, un apocrifo del tempo, si diceva che il messia si sarebbe manifestato apparendo all’improvviso sul punto più alto del tempio di Gerusalemme, questo nel quarto libro di Ezra, un apocrifo. Quindi il diavolo è un acuto conoscitore della scrittura e di tutto il resto.

“E gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio,” di nuovo giacché sei il figlio di Dio, l’invito del diavolo è lo stesso che faranno poi, quando Gesù sarà crocifisso, i sommi sacerdoti, gli scribi, gli anziani: se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce, quindi manifesta il tuo potere, “gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo”, cioè gli dice: tu sei il figlio di Dio, fai quello che la gente si aspetta, la gente si aspetta che tu appari improvvisamente nel tempio, mettici un tocco di più, gèttati giù con uno spettacolo, che gli angeli ti faranno da gradini. E qui il diavolo, come dicevo perfetto conoscitore della scrittura, cita lui il salmo 91. Ma Gesù, anche questa volta, gli risponde: “non metterai alla prova il signore Dio tuo”, è tutta una serie di richiami ad episodi della vita di Israele, della mancanza di fiducia.

La terza volta non è uguale alle altre: nelle prime due tentazioni o seduzioni, il diavolo ha giocato la carta del messia, la carta religiosa, ora il diavolo tira fuori l’asso dalla manica, tira fuori una carta che sa che tutti quanti cedono a questo potere, a questo fascino, il potere della ricchezza. “Questa volta”, quindi non di nuovo, “questa volta il diavolo lo portò sopra un monte altissimo”, il monte altissimo indica il luogo dove abitavano gli dèi, cioè la condizione divina, cioè il diavolo gli offre la condizione divina. Vuoi essere colui che conquista il mondo? Vuoi essere l’atteso delle genti? Devi avere la condizione divina, e la condizione divina come si ha? Attraverso la ricchezza, attraverso il potere. “E  gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò”, quindi sembra quasi – e nel vangelo di Luca infatti dice: tutte queste cose sono mie – che il diavolo sia lui il detentore della ricchezza, del potere, quindi coloro che detengono ricchezza e potere, non gli viene dato da Dio, ma gli viene dal diavolo. “Tutte queste cose io ti darò se”, c’è un piccolo particolare, “se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Quindi il diavolo offre a Gesù la condizione divina attraverso l’adorazione del potere, della gloria, e del successo. Ma, come abbiamo detto all’inizio, Gesù risponderà a questa tentazione portando il suo tentatore, nella figura di Pietro, l’unico discepolo al quale Gesù si rivolgerà chiamandolo satana, sul monte della trasfigurazione. Nel monte della trasfigurazione Gesù dimostra che la condizione divina non si ottiene attraverso l’adorazione del potere, ma attraverso il dono generoso di se stesso.

“Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana!”, lo stesso appellativo che rivolgerà a Pietro, che sarà il suo satana nel vangelo, quindi Gesù lo rifiuta, “Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”»”, è il pericolo dell’idolatrìa, qui c’è tutto il richiamo al vitello d’oro, alla contaminazione d’Israele con i popoli pagani. “Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli”, gli angeli sono i collaboratori di Gesù, “gli si avvicinarono e lo servivano”, ottiene la protezione degli angeli proprio rifiutando la tentazione, la seduzione. Quindi, riassumendo, non sono tentazioni al male, ma sono seduzioni che Gesù patirà per tutta la sua vita, e da parte dell’istituzione religiosa, ma anche da parte dei suoi stessi discepoli.