QUALCHE RIFLESSIONE SULL’”APOCALISSE” (ULTIMO LIBRO DEL NUOVO TESTAMENTO):LIBRO DELLE BEATITUDINI.

 

NB: Un  testo mai proposto alla riflessione della comunità perché non trovavo un esperto che mi convincesse Ora sono riuscito a trovare qualcosa di potabile. So che le sintesi sono sempre complicate e non sempre leggibili con facilità. Ci provo a proporla.

 

Le lettere alle comunità’ (capitoli  1-3 dell’Apocalisse ) hanno ancora qualcosa da dirci?

Seconda parte. Lo svolgimento della storia: ciò che capita attorno a noi (capitoli 4-22)

Introduzione alla lettura

L’Apocalisse, come indica il termine greco, non è annuncio di un disastro, di un’apocalisse, ma “svelamento” di quanto è nascosto, “togliere il velo” per dare motivi validi alle comunità di resistere a difficoltà e persecuzioni che le mettono alla prova : ricchezza, prestigio, potere.

Partiamo da primi 3 capitoli che contengono 7 lettere a 7 comunità dell’Asia Minore (oggi Turchia). Vedremo quanto è attuale.

Le scrive Giovanni alle chiese turche, così diverse tra loro, qualcuna cerca solo di conservare la dottrina a scapito dell’amore, un’altra è sempre in agitazione, un’altra si compiace per il ruolo sociale raggiunto senza essere capace di annunciare il messaggio. Di queste 7, una sola sopravvive ,quella di Smirne che ha accolto le beatitudini della povertà (Ap. 2,8-11), roccia su cui ha costruito i valori.

A quali comunità scrive le lettere. Alle chiese di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatara, Sardi, Filadelfia e Laodicea. Le lettere contengono un messaggio vita e secondo me ancora attuale.

Ci fanno conoscere l’esperienza di fede di un determinato gruppo di comunità cristiane del primo secolo nella provincia romana dell’Asia Minore (Turchia odierna).

E’ una lettura “scoraggiante”il libro dell’Apocalisse: senza strumenti è indecifrabile ,per questo è letto poco e molto travisato.

Ci sono immagini tremende, alcune riprese anche dai vangeli.

Si pensò che fosse una profezia della fine del mondo (che avverrà quando il primo angelo suonerà la tromba) ed allora “grandine e fuoco, mescolati a sangue, scrosceranno sulla terra. Un terzo della terra andrà bruciato ….” (Ap. 8,7) Come non terrorizzarsi?

Proviamo a capire da qualcuno che lo studia da 20 anni: Ricardo Perez, biblista del Centro Vannucci che ci sveli il senso profondo e attuale.

E’ scritto per i credenti e rincuora, non mette paura, ma la toglie”, non sono immagini di un visionario, non minacciano la fine del mondo.

Certe immagini sconvolgenti sono figura del potere disumano che può produrre solo sofferenze e morte. 

Il linguaggio è quello dei profeti che si esprimono con immagini. Sono una delle più antiche testimonianze di chiese delle origini (1° secolo). Mettono in luce problemi e difficoltà che queste chiese vivono per essere fedeli al Vangelo.

Sceglie un gruppo di chiese di un ambiente, per il tempo, benestante, in cui erano nate; lì vigeva il culto dell’imperatore e girava ogni proposta dottrinale. Forse Giovanni aveva un rapporto stabile con ciascuna perché tutte raggiungibili.

Efeso (la capitale) vicina a Patmos (dove è relegato e scrive le lettere). Sette è anche un numero simbolico: vuol dire tutte, quindi hanno un valore universale.

Sono nella prima pare dell’Apocalisse (1,1-3,22), preceduta da una breve introduzione, un saluto, un inquadramento.

Giovanni è “profeta”, fratello, compagno (1,9) conosciuto dagli interlocutori. Partecipa alle “tribolazioni”, confinato a Patmos per causa del Vangelo dove sogna e riflette.

L’esilio era pratica comune per far tacere i dissidenti.

Si parla di un solo martire “Antipa” della chiesa di Pergamo.  Salvo Smirne e Filadelfia, ostacolate dalla sinagoga, vivono in pace.

Si sente una forte crisi per non essere fedeli al messaggio evangelico, li seduceva il potere, la ricchezza, lo stile di vita delle città imperiali. Giovanni confinato perché ha resistito forse anche contro le scelte di alcune comunità cristiane. Sono nuclei urbani importanti sulle strade imperiali, già costruiti dai persiani.

Fu un fenomeno urbano il cristianesimo in Asia minore . I cristiani si radunavano in case private, almeno fino al IV secolo. Nel benessere materiale, il messaggio evangelico perdeva la sua forza e forse si perdeva tra le varie correnti di pensiero.

Si incontrano esperienze contrastanti: Smirne molto positiva, Laodicea molto negativa (attaccata alla ricchezza). Vi erano, sì, pericoli esterni (persecuzioni per rifiuto delle dinamiche di potere), ma Giovanni rileva soprattutto quello interno.

 

Motivo per cui scrive.

Giovanni ha una forte esperienza spirituale ed è incaricato dal Signore di comunicare alle chiese quanto ha capito quella domenica a Patmos nella visione .

Adopera il genere epistolare (lettere). Ognuna ha l’indirizzo di una chiesa.

Vi è la “presentazione” di ognuna e l’esortazione alla conversione ed all’ascolto.

Il linguaggio è simbolico: compito nostro è capire il livello delle figure e delle immagini. E’ sempre lo Spirito  che parla ed invita tutti ad accogliere il messaggio, a metterlo in pratica, trasformando la vita dei credenti per cui Dio ha il progetto della “pienezza di vita”.

Accoglierla, collaborare è necessario con impegno, fiducia ed ottimismo.

L’autore dell’Apocalisse la divide in due blocchi:

1^ – la vita delle comunità (1,4-3,22)

2^ – più ampio, dinamica dell’evolversi della storia e la lettura che i credenti devono fare(capitoli 4-22).

Sono, però, compatte le due parti. Nel primo blocco: la visione del figlio dell’uomo con la persona di Cristo vincitore della morte.

Nel secondo: la visione di Cristo fa da guida nella lettura e comprensione delle varie immagini. L’”agnello sgozzato” (5,6) è l’identità di Cristo Signore della storia che si presenta con estrema debolezza.

Ad ogni chiesa dà dei consigli e fa delle valutazioni sul suo comportamento “pastorale”. Vede il figlio dell’uomo (1,12-20). Lo Spirito gli dice “Quello che vedi scrivilo in un libro e mandalo alle 7 chiese” di cui fa l’elenco. La voce di chi parla è del Signore Risorto, identificato con quella dello Spirito.

La visione è preceduta da un suono di voce ed avviene con gli occhi e con gli orecchi. Giovanni si volta, ma “vede la voce”, come dire che l’ascolto è centrale.

Vede “7 candelabri d’oro”, immagine che richiama il rito ebraico. Ma non vede la “menorah” (candelabro a sette braccia), ma distinti per indicare le sette chiese, collocato davanti al “Santo dei Santi” (santuario di Dio). Candelabri: la chiesa nella sua globalità (7, infatti), inserita nella storia per fare luce. L’oro è materiale prezioso per Dio.

In mezzo ai candelabri un “figlio d’uomo” personaggio con carattere messianico. Uomo totalmente realizzato, con talare bianca e fascia d’oro (condizione regale e divina). I piedi di bronzo splendente, la voce fragorosa, la stessa voce di Dio.

7 stelle nella destra identificati come angeli delle chiese ed una spada affilata (parola di Dio) tagliente, radicale.

Giovanni intende dare coraggio alle chiese e alla testimonianza del Vangelo.

Non resiste alla visione e sente una voce “Io sono il primo e l’ultimo, l’Alfa e l’Omega. Il vivente e ho le chiavi della morte e degli inferi”.

Giovanni evidenzia il timore, ma invita a non avere paura.

Scrive tre tipi di cose: che ha visto, quello che sono, cioè il messaggio, quelle che accadranno dopo (è la seconda parte dell’Apocalisse capitoli 4-22).

Lo stesso obiettivo hanno gli angeli delle 7 chiese, i 7 candelabri le stesse chiese.

Un’altra immagine di Cristo è l’agnello sgozzato ritto sul trono (la via del servizio è l’unica vittoria).

 

L’APOCALISSE PARTE SECONDA

4,1-22,2

Lo svolgimento della storia: quel che capita attorno a noi.

L’Apocalisse (parola composta  da  apo + calymna: tolgo il velo che copre, svelo), è libro di beatitudini, non di predizioni di fatti terribili (come intendiamo oggi “apocalisse”). Molti protestanti inglesi traducono “libro di rivelazione” (the Book of de Revelation) che è il senso esatto della parola.

Vi sono due blocchi, come già detto.

Capitoli 1-3: lettere alle 7 chiese: dovete tenere davanti la figura che seguite, cioè Cristo vincitore della morte e quanto ci ha detto lo vogliamo applicare nella vita.

La seconda parte, capitoli 4-22, riguarda le catastrofi che sono nella nostra storia. Da che parte ci mettiamo: tra chi sostiene situazioni di morte o tra chi lavora per la crescita umana?

La seconda parte è la più forte e comincia con una visione legata all’ascolto. La prima ha la visione del figlio dell’uomo, la seconda la visione dell’agnello sgozzato.

Nel capitolo 4 vede “colui che tiene i 7 sigilli” che non può aprire e piange perché nessuno è in grado di aprirli, riascolta dietro una voce che gli dice “Il leone della tribù di Giuda aprirà il libro”, ma quando si volta vede un agnello sgozzato.

Secondo la tradizione, il Messia doveva attuare il disegno di Dio con la forza (come quella del leone), ma l’autore dell’Apocalisse vede un agnello sgozzato debole, ucciso ,senza potenza . Così deve essere letta da noi la storia: non un leone furente, ma con la potenza della debolezza di una vita data, passata per la morte violenta (come Gesù di Nazareth).

La prima conclusione: la vera potenza è nella capacità di dare la vita, la potenza dei deboli. Così va letta la storia, nell’ottica divina, non da quella di coloro che credono di dirigerla con la forza. Non vi sono leoni sterminatori, ma ora è “Beato colui che lava le sue vesti nel sangue dell’agnello”, non nel sangue del nemico, ma nel suo sangue. Questa è la vittoria vera.

Entrambe le visioni (figlio dell’uomo e agnello sgozzato) parlano di Gesù.

Una parte di Cristo vittorioso riempito di attributi divini (occhi come fiamma, capelli come lana, volto come il sole). Ma come si arriva? L’immagine dell’agnello sgozzato la completa. Bisogna “ascoltare” la visione.

Con quali chiavi leggere le visioni.

Le visioni sono da ascoltare “Vidi” (cap. 21): c’è 42 volte la parola e la usa in negativo “Non vidi”.

“Vidi la Gerusalemme celeste, ma (21,22) “non vidi alcun Santuario in essa”. Il Santuario, con il velo che isolava il santo dei santi, riservato al sacro, dove i normali non potevano entrare, “non c’è più”, non esiste più. Ora tutti possono entrare, nessuno può impedirci il contatto con Dio.

Quando vi è un santuario c’è chi lo controlla ed impedisce a chi vuole di entrare. Gesù è venuto per “togliere il velo”, ora nulla può impedire l’accesso a Dio.

Non vi è più alcun tempio, ora siamo noi il tempio, la nostra carne è la dimora di Dio. Quello che chiamiamo “chiesa” sono le persone insieme, l’assemblea aperta a chi vuole partecipare alla proposta di Cristo.

Il disegno di Dio è che da ora possiamo essere felici se accogliamo la sua proposta che coincide con l’aspirazione di ogni uomo e donna.

Finora molti pensano che a fare la felicità sono denaro, potere, gloria, dominio. No, non risolve niente.

Poi vi è un’immagine: la donna vestita di sole (12,10) che dice “Ora è venuta la salvezza…. è precipitato giù l’accusatore dei nostri fratelli … ma essi lo hanno vinto      per mezzo del sangue dell’agnello.”

Gettato giù dal cielo l’accusatore che voleva innalzarsi (poi usa una serie di altri titoli: drago, serpente, satana, ….).

Chi è l’accusatore? L’impero romano? No, ma nel Nuovo Testamento sono sempre  “scribi, farisei, sommo sacerdote” che il Nuovo Testamento riconosce come avversari di Gesù per colpirlo.

Scompare chi punta il dito per accusarci e dovrebbe scomparire anche il senso di colpa  che distrugge la vita di chi vorrebbe vivere la fede in un certo modo.

L’Apocalisse ,la conoscenza svelata, profonda è per la felicità di tutti!

Ecco, allora, l’Apocalisse, rivelazione  delle beatitudini: nessun ostacolo, nessuna paura, non possiamo tradire il messaggio di Cristo.

Ora che essere cristiani non è imposto per forza, come fu dopo Costantino, possiamo liberamente fare nostre le novità del Vangelo.

Questo libro è scritto per una lettura comunitaria “Beato colui che legge, beati coloro che ascoltano”. Applichiamolo alla nostra situazione.

 

N.B.: le mie riflessioni sono prese da Ricardo Perez Marquez “Apocalisse nella Chiesa” – Cittadella editrice – e dalle sue conferenze al Centro Biblico Vannucci.