Lc. 2,22-40
PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO
Nonostante la straordinaria esperienza dello Spirito che i genitori di Gesù hanno avuto, in
particolare sua madre, essi sono ancora ancorati alla tradizione del popolo, che vede il
rapporto con Dio basato sull’osservanza, sull’obbedienza della sua legge. L’evangelista,
in questo episodio, vuole anticipare, raffigurare, la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al
suo Popolo una diversa relazione con Dio, non più basata sull’obbedienza alle sue leggi,
ma sull’accoglienza del suo Spirito e del suo amore. Ecco allora che l’evangelista,
nell’episodio conosciuto come la presentazione di Gesù al Tempio, presenta due comitive
contrarie: una raffigurata dai genitori di Gesù, che portano il bambino per adempiere un
inutile rito, perché essi intendono fare figlio di Abramo quello colui che invece è già Figlio
di Dio. E dall’altra parte, l’uomo dello Spirito, Simeone, intenzionato ad impedire l’inutile
rito. I genitori vanno per la purificazione della madre – perché la nascita di un bambino
rendeva impura la madre e quindi la donna doveva purificarsi attraverso un’offerta, e qui è
l’offerta dei più poveri, di una coppia di tortore – e soprattutto per pagare il riscatto del
figlio. Ogni primogenito maschio che nasceva, infatti, il Signore lo voleva per sé. Se i
genitori lo volevano, dovevano pagargli l’equivalente di venti giornate di lavoro, cioè
cinque sicli. Ebbene l’evangelista, mentre Maria e Giuseppe con il bambino si dirigono
verso il Tempio per compiere questo rito, ci presenta con sorpresa, l’evangelista adopera
un’espressione che indica la meraviglia, “Ecco”, “a Gerusalemme c’è un uomo di nome
Simeone”, Simeone, che significa “il Signore ha ascoltato”, è l’uomo dello Spirito, che tenta
di impedire l’inutile rito. Infatti Simeone prende il bambino tra le braccia, mentre i genitori
volevano adempiere ad ogni cosa della legge, e pronuncia una profezia che lascia
sconcertati i genitori. Infatti di Gesù dice che sarà “gloria del suo popolo, Israele”, e questo
Maria e Giuseppe lo sapevano, era il compito del Messia, del Figlio di Dio, ma, la novità,
“luce per rivelarti alle genti”, cioè ai popoli pagani. L’amore di Dio, annunzia Simeone, è
universale, non è più per un popolo – il popolo eletto – ma è per tutta l’umanità. Pertanto i
nemici di Israele, cioè i pagani, non dovranno più essere – come essi credevano, come la
tradizione presentava – essere dominati, ma accolti da fratelli. Poi Simeone, a Maria dà
una benedizione, che finisce in una maniera abbastanza sinistra. Dice che Gesù, e lo
raffigura a quello che poi Luca più avanti nel suo vangelo presenterà come “una pietra”,
una pietra che può essere angolare, che serve per la costruzione, o una pietra che fa
inciampare le persone, le fa sfracellare. E infatti dirà di Gesù che “Egli è qui per la caduta
e la risurrezione di molti in Israele” e, come segno di contraddizione, “anche a te”, quindi si
rivolge a Maria, la madre di Gesù, “una spada trafiggerà l’anima”, cioè la tua vita. Qual è il
significato di questa spada che trafigge l’intera vita di Maria? La spada, sia nell’Antico che
nel Nuovo Testamento, è figura della Parola di Dio, che è efficace come una spada, dirà
l’autore della lettera agli Ebrei, che “la parola di Dio è come una spada che arriva fino alle
giunture e alle midolla e al punto di divisione dell’anima e dello Spirito”. Quindi Simeone a
Maria, che raffigura il popolo di Israele, le annuncia che la parola di questo Figlio per lei
sarà come una spada che la costringerà a fare delle scelte, e delle scelte molto dolorose.
Infatti, nel prossimo episodio che l’evangelista presenterà, quello del ritrovamento di Gesù
nel Tempio, farà sì che le prime e uniche parole che Gesù rivolgerà alla madre, saranno
parole di rimprovero. È ancora lungo il cammino di Maria. Maria dovrà comprendere che
da madre del Figlio, dovrà trasformarsi in discepola. Un cammino lungo e doloroso, come
una spada che trafigge l’anima.
SINTESI
Il vecchio Simeone rappresenta l’antico Israele in attesa di una presenza in grado di
riempirgli il cuore. Finalmente può abbracciare la sua felicità capace di guarirlo
della paura della morte, propria di ogni uomo. Chi è in Cristo è una creatura nuova
e non conoscerà mai più la morte.
Quindi non solo siamo nella vita, ma siamo vita e, in quanto tale, non finiremo mai, perché
la vita non può finire e la morte non è il contrario della vita, ma solo della nascita. Se la vita
non può finire, finisce anche la nostra paura della morte.
Gesù è stato ebreo, educato nella cultura e nella religione di Israele. Il cristianesimo ha le
sue radici nella religione di Israele. L’originalità di Gesù consiste soprattutto nello spostare
il centro della religione. Il centro del Vangelo sta nella bontà dimostrata da Gesù nelle sue
tre grandi preoccupazioni: la salute degli ammalati, l’alimentazione dei poveri e le migliori
relazioni umane.
Nella liturgia della Chiesa si continuano a leggere la Legge di Mosé ed i testi dell’Antico
Testamento, ma la fede cristiana ha la sua origine in Gesù ed, a partire da lui, nel suo
messaggio sul Regno di Dio.