Per quale motivo questo devozionalismo mariano, totalmente privo di fondamento biblico, è così diffuso e seduce le masse e penetra nei cuori di tante persone?
1.Circola nel mondo un gran bisogno di calore, di tenerezza, di “cura”.
In una religione severa, che troppo spesso parla di peccato e di giudizio, di un Dio contabile dei nostri errori e giudice che ci attende per un esame al termine dei nostri giorni, una “dea” piena di accoglienza materna colma questi bisogni.
Ogni istituzione che ha elaborato una teologia rigida ed arcigna, ha poi bisogno di creare un personaggio che rappresenti il polo opposto.Creare una “dea” accogliente all’interno del tessuto ecclesiale è molto funzionale alla istituzione chiesa che così può continuare a mantenere il suo sistema patriarcale delegando alla “dea” le funzioni di madre accogliente.
Maria diventò l’ausiliatrice, la consolatrice,la protettrice, la soccorritrice ….Il culto di Maria risponde a questa esigenza diffusa ed assicura “devoti” all’istituzione.Maria in questo modo è stata nei secoli ed è tuttora il volto buono, dolce e tenero di una istituzione ecclesiale spesso rigida ed escludente. Essa risponde al bisogno di molti cristiani e cristiane e al bisogno della istituzione che così si garantisce il consenso di molte persone attraverso la devozione a Maria, intermediaria tra cielo e terra.
La perniciosa e grave amnesia sull’ebraicità di Gesù ha contribuito alla amnesia totale dell’ebraicità di Maria.Il brano che ora riporto della teologa Mary Christine Athans evidenzia fino a che punto è giunta la manipolazione della figura storica di Maria fino a definirla l’acquedotto della grazia di Dio:
“Mentre Cristo veniva raffigurato sempre più spesso come giusto giudice, Maria divenne la mediatrice. Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) credeva che il suo ruolo fosse quello di essere l’acquedotto della grazia di Dio, il canale attraverso il quale potessero scorrere le benedizioni di Dio.Ella divenne la persona accessibile che avrebbe interceduto per quanti soffrivano, disponibile e misericordiosa verso i peccatori e quanti erano nel bisogno. Anche oggi abbondano racconti su Maria soccorritrice dei peccatori.
Una tradizione popolare descrive Gesù che, notando che in cielo c’è gente alquanto indesiderata, chiede a Pietro se stia controllando adeguatamente le persone alle porte del paradiso. La risposta di Pietro è: “Io faccio del mio meglio per tenerli fuori, Signore, ma tua madre continua a farli entrare dalle finestre” (pag.71, op.cit.).
Madre e sposa di Dio?
Gli studi di Avital Wohlmann e di Joseph Klausner hanno evidenziato la insanabile contraddizione del dogma in questione: “E’ difficile per gli ebrei capire perché Maria dovrebbe essere onorata in quanto vergine perché la verginità non svolge un ruolo importante nell’ebraismo. In secondo luogo, l’Autrice osserva che gli ebrei non riescono a capire come Maria possa essere la madre di Dio e anche la sposa di Dio. Per gli ebrei sono due cose incompatibili. Il simbolismo ebraico rifiuta la mescolanza tra le immagini di madre e di sposa. Infine Wohlmann esamina Maria come madre di Dio e mediatrice. Afferma che per gli ebrei costituire un intermediario semidivino con Dio è idolatria. Per gli ebrei la salvezza può venire direttamente solo da Dio. La Wohlmann imputa il silenzio dell’ebraismo su Maria a questi tre fattori” (Op.Citata, pag.138)
Il cammino resta lungo, lunghissimo
Ho richiesto al lettore e alla lettrice un forte impegno nella lettura di queste pagine volendo fornire strumenti per valutare la deriva dogmatica rispetto a Maria.
Essa è letteralmente scomparsa sotto una montagna crescente di dogmi, di leggende, di litanie, di miti, di apparizioni miracolose. Il primo passo sta forse nel distinguere accuratamente tra la sua storia reale e i miti o racconti mitologici di Luca 1-2 e Matteo1-2. Si tratta di un primo passo, ma decisivo.
Maria e i primi concili ecumenici”Maria non riceve attenzione teologica fino ai grandi concili ecumenici, e non principalmente per se stessa. Le dispute teologiche erano centrate su Cristo. Dopo la convocazione del Concilio di Nicea (325 d.C.) da parte di Costantino, il ruolo di Maria fu sottoposto a un nuovo esame minuzioso. Questa attenzione fu dovuta in parte a una delle prime eresie cristologiche chiamata docetismo (termine derivato dal verbo greco δοκεῖν/dokein che significa ”sembrare“), che affermava che Gesù non avesse un corpo umano. I docetisti credevano che il ”corpo“ di Gesù fosse solo un miraggio per contenere il divino. Questa eresia fu una sfida impegnativa per la fede nell’incarnazione. Gesù era veramente umano? Il Credo degli apostoli, non datato e non di origine apostolica, si basava su un antico credo romano che affermava che Gesù era nato dalla vergine Maria (ex Maria virgine).
Il concilio di Costantinopoli (381 d.C), che definì ruolo dello Spirito Santo, produsse il Credo niceno-costantinopolitano, che è professato nelle chiese cattoliche durante la celebrazione eucaristica della domenica e delle festività particolari. Una parte dice:” Discese dal cielo; e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Tutti gli elementi citati nel Credo – essere nato, crocifisso e sepolto “ – mettono in evidenza che Gesù ebbe carne umana. Benché la relazione tra divino e umano in Gesù abbia continuato a essere oggetto di controversia teologica fino al concilio di Calcedonia (451 d.C.) e anche in seguito, i concili ecumenici affermarono ripetutamente che Gesù aveva un corpo umano generato dal corpo di Maria.
L’interrogativo divenne allora se Maria fosse madre solo dell’essere-uomo di Gesù o se fosse veramente la madre di Dio. Cirillo, vescovo di Alessandria, credeva ardentemente che Maria dovesse essere dichiarata Theotòkos (portatrice di Dio). Nestorio, patriarca di Costantinopoli, predicava che Maria era Χριστοτόκος/ Christotòkos (portatrice di Cristo), il che implicava che ella fosse la madre solo dell’umanità di Gesù. Cirillo convinse papa Celestino a chiedere all’imperatore Teodosio II di convocare un concilio per prendere in esame l’insegnamento di Nestorio erogando i decreti del caso. L’imperatore alla fine convocò l’apertura di un concilio a Efeso nel giorno di Pentecoste del 431 d.C. Il luogo era di buon auspicio perché si credeva che l’apostolo Giovanni avesse preso Maria in casa sua a Efeso, dove ella potrebbe essere morta.
Le prove suggeriscono che la gente comune di Efeso, dato il suo affetto verso Maria, esercitasse pressioni perché fosse dichiarataTheotòkos. Efeso era uno dei centri commerciali e culturali più grandi del mondo romano. La popolazione locale divenne un fattore importante in questa disputa che altrimenti avrebbe avuto solo carattere teologico. Durante il concilio le folle si riunivano e manifestavano urlando che Maria doveva essere dichiarata Theotòkos, confermando la posizione di Cirillo di Alessandria.
Il concilio fu tormentato sin dal principio. Le fazioni rivali – i sostenitori egiziani di Cirillo venuti da Alessandria e quelli di Nestorio giunti da Costantinopoli – arrivarono a Pasqua per esercitare pressioni in favore delle rispettive posizioni. Una sostanziosa delegazione di vescovi siriani e romani era in ritardo. A un certo punto non ci fu solo disaccordo verbale, ma anche attacchi fisici. Dopo alcune proroghe, fu indetta una prima sessione. Nestorio si rifiutò di parteciparvi senza i sessantaquattro vescovi siriani che lo sostenevano. Il suo insegnamento fu condannato. I vescovi siriani tennero un concilio antagonista al primo e condannarono Cirillo. Quando finalmente arrivarono i vescovi romani, questi sostennero Cirillo. Per un periodo di tempo regnò il caos.
Cirillo aveva un’alleata in Pulcheria, la sorella maggiore dell’imperatore Teodosio II. Ella aveva fatto voto di verginità e, secondo Rubin, ”la profonda identificazione di Pulcheria con laTheotòkos, per via della femminilità condivisa, non fece altro che aumentare le difficoltà che i nestoriani incontravano nel unire donna e Dio “. Pulcheria era risoluta nella sua ortodossia e strumentale nell’ influenzare il fratello, l’imperatore, a sostenere la posizione di Cirillo sul titolo di Theotòkos.
Alla fine Nestorio fu dichiarato eretico dal concilio e venne scomunicato. Benché il Concilio non avesse mai espressamente dichiarato Maria Theotòkos, la posizione di Cirillo fu giustificata. Le folle che affollavano le strade esultarono. Al termine della sessione finale, accompagnarono i vescovi ai loro alloggi con le torce accese urlando:” Lode a Theotòkos! Lunga vita a Cirillo!“. Tavard afferma:” Da qui in avanti divenne caratteristica della tradizione cristiana fondamentale che la verginità e la santità di Maria siano legate inseparabilmente all’incarnazione del Λόγος/Lògos. Maria, la comune donna ebrea che aveva accettato l’invito di Dio a essere la madre di Gesù, sembrava essere svanita.
Il potere di Pulcheria aumentò e la sua devozione alla Theotòkos valorizzò il proprio ruolo di donna dell’impero. Con l’improvvisa morte del fratello nel 450, Pulcheria divenne imperatrice. Scelse come consorte un anziano generale e senatore di nome Marcione. Dopo essere ascesi al trono a Costantinopoli, Pulcheria predispose un concilio che definisce ulteriormente l’ortodossia della fede della chiesa. Vent’anni dopo la strenua difesa da parte di Pulcheria della dichiarazione di Maria come Theotòkos, lei e l’imperatore Marcione presiedettero di persona la sessione finale del Concilio di Calcedonia (451 d.C.), che definì il rapporto tra divino e umano in Gesù noto come unione ipostatica.
Benché gli studiosi dissentano in merito all’origine dello sviluppo del culto mariano, un movimento appoggiato da Pulcheria e da altri alla corte imperiale portò non solo all’esaltazione di Maria come Theotòkos, ma all’entusiasmo intorno a Maria stessa come figura imperiale, ritratta in icone ancora oggi comuni nell’arte cristiana. Maria venne raffigurata come una monarca in abiti imperiali. Le icone dell’era patristica ritraggono Maria in abiti finissimi con l’uomo-Dio, il figlio-re in grembo, a presiedere il cielo e la terra. Il titolo Theotòkos è ancora molto caro alle chiese ortodosse orientali, dove Maria è nota con appellativi devoti quali άειπάρθενος/aeipàrthenos (sempre vergine), Παναγία/panaghìa (tutta santa) e àchrantos (immacolata). Benché questi titoli non siano mai stati definiti esplicitamente in un concilio ecumenico delle chiese ortodosse d’Oriente, sono usati frequentemente nella liturgia e nella preghiera personale.
Redazione attuale di Fredo Olivero