Da oggi le armi nucleari sono illegali
21.01.2021 – Angelo Baracca
Il 26 settembre 2018 undici paesi firmano e ratificano il trattato (Foto di Robert Mardini per ICCR su twitter)
Oggi 22 gennaio 2021 il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, in inglese TPNW) entra in vigore come norma del Diritto Internazionale. Ad oggi è stato firmato da 86 Stati (gli Stati aderenti all’ONU sono 194), e ratificato da 51 .
Su Pressenza sono stati pubblicati molti articoli e commenti relativi al TPAN e al rischio nucleare e non è il caso di riprendere tutte le argomentazioni (raccomando anche A. Pascolini, “Un anno dal bando delle armi nucleari: un trattato peculiare”, Il Bo-Live, 7 luglio 2018, https://ilbolive.unipd.it/it/blog-page/bando-armi-nucleari-trattato-tpnw-proibizione).
Rammentiamo come sintesi le disposizioni dell’Art. 1 del trattato (il testo completo si trova per esempio in https://www.avvenire.it/c/mondo/Documents/trattato%20ITA.pdf). Il TPWN obbliga ogni Stato che vi aderisca a «non: (a) Sviluppare, testare, produrre, produrre, oppure acquisire, possedere o possedere riserve di armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari; (b) Trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari o il controllo su tali armi o dispositivi esplosivi, direttamente o indirettamente; (c) Ricevere il trasferimento o il controllo delle armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari, direttamente o indirettamente; (d) Utilizzare o minacciare l’uso di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari; (e) Assistere, incoraggiare o indurre, in qualsiasi modo, qualcuno ad impegnarsi in una qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (f) Ricercare o ricevere assistenza, in qualsiasi modo, da chiunque per commettere qualsiasi attività che sia vietata a uno Stato Parte del presente Trattato; (g) Consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo.»
Mi limiterò a richiamare l’origine, e il valore, del TPAN e del movimento della società civile che ha portato ad esso, e il corrispettivo di qualche limite che anche per questo sconta, aggiungendo qualche modesta considerazione sul futuro degli armamenti nucleari.
Come e perché si è giunti al TPAN?
In primo luogo vi è una differenza di fondo fra il Trattato di Non Proliferazione (TNP) del 1970 e il TPAN. Il TNP fu voluto e negoziato solo dalle 5 (allora) potenze nucleari (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina: anche se Israele aveva già l’atomica, ma ancora oggi non lo ammette ufficialmente) preoccupate unicamente di sbarrare la strada della bomba ad altri paesi. Tant’è vero che “concessero” il famoso Art. VI con la “promessa di marinaio” di proseguire “trattative in buona fede” per arrivare a un accordo di disarmo completo. Ipocrisia che è stata confermata da 9 Conferenze quinquennali di Riesame (quella del 2020 è stata rinviata a causa della pandemia), nelle quali gli Stati non nucleari hanno inutilmente chiesto l’avvio effettivo del processo di disarmo. Proprio dalla constatazione della pervicace determinazione degli Stati nucleari a non rinunciare a queste armi, nacque 16 anni fa nella società civile la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN), la quale riuscì a presentare la questione all’ONU, che promosse il negoziato che il 7 luglio 2017 approvò il testo del TPAN. La partecipazione della società civile al negoziato ONU costituì una grande novità, ma anche la partecipazione di tutti gli Stati dell’ONU che lo volessero costituì una differenza abissale rispetto ai negoziati per il TNP.
Punti di forza del TPAN . . .
Anzi, la genesi del TPAN è stata letteralmente antitetica rispetto a quella del TNP, dal momento che gli Stati nucleari, come pure i “satelliti” della NATO, hanno sdegnosamente rifiutato di prendere parte al negoziato. Questo ha fatto sì che il negoziato si sia concluso in pochi mesi, mentre i negoziati per il TNP richiesero anni.
Fra gli Stati che hanno ratificato il TPAN vi sono molti paesi minuscoli, che forse molti di noi non conoscevano neanche prima d’ora: come Antigua and Barbuda, Comoros, Fiji, Kiribati, Palau, Saint Kitts and Nevis, Tuvalu, Vanuatu.
Ma qui sta anche la grossa novità: Stati che finalmente hanno avuto voce in capitolo a dispetto dell’arroganza delle potenze nucleari1. Un fattore basilare di democrazia, come nell’Assemblea Generale dell’ONU, uno Stato un voto.
. . . e qualche punto debole
Ci sono comunque nel TPAN un paio di punti deboli non trascurabili.
Il primo è che fra gli Stati che hanno partecipato al negoziato è prevalsa la posizione di consentire lo sviluppo della tecnologia nucleare per usi civili.
Un secondo punto è stato molto più controverso, il riconoscimento della possibilità per gli Stati che aderiranno al TPAN di recedere da esso se sono a rischio “interessi supremi di un paese” (Art. 17): si ammette così implicitamente che le armi nucleari possano essere indispensabili, contraddicendo così la loto proibizione ed eliminazione per sempre. Ma è stato chiaro nel corso del negoziato che senza questa clausola di recesso molti Stati non avrebbero approvato il TPAN. Giova ricordare che il TNP riconosce esplicitamente il diritto di recesso con 3 mesi di preavviso senza nessuna condizione: è quanto fece la Corea del Nord, al colmo delle minacce degli Stati Uniti, realizzando così in tre anni la bomba.
I difficili rapporti con gli Stati nucleari per un processo di disarmo
Non vi è dubbio che qualora gli Stati nucleari avessero partecipato al negoziato le cose sarebbero state molto più complesse, lente e contrastate: nessuno dei paesi che hanno partecipato possedeva armi nucleari e doveva assumere impegni per eliminarle.
In un articolo con Elio Pagani abbiamo cercato di affrontare la complessità di un processo di eliminazione totale delle armi nucleari. In estrema sintesi, è irrealistico pensare che una potenza nucleare decida unilateralmente di eliminare le proprie armi nucleari, se non altro perché verrebbe a trovarsi in condizioni di estrema vulnerabilità rispetto alle altre, in geopolitica non valgono la lealtà e la buonafede: sarà necessario un negoziato specifico ed estremamente complesso fra tutti gli Stati nucleari (che al più potranno accettare prevedibilmente “spettatori” senza diritto di voto), per stabilire un’eliminazione bilanciata con stretti sistemi di controllo. Del resto è quello che è avvenuto dopo la scomparsa dell’Unione Sovietica e del Blocco comunista, con laboriose trattative per i Trattati di Riduzione delle Armi Strategiche (START I, II, e Nuovo START), sebbene non si siano affato posti l’obiettivo della totale eliminazione.
A tale proposito, è particolarmente preoccupante un’osservazione piuttosto perentoria di Alessandro Pascolini nell’articolo su Bo-Live che ho citato, perché contrasta con la premessa del TPAN, «che porti alla loro totale eliminazione», e con la percezione comune del trattato: «Per i paesi con armi nucleari che intendano aderire al trattato sono previste delle condizioni che prevedono un trattamento punitivo e delle procedure che difficilmente potranno essere accettate anche dagli stati che intendano rinunciare ai propri armamenti nucleari, per cui il TPAN è praticamente privo di effetti reali come strumento per il disarmo nucleare, anche perché non mira a creare le precondizioni necessarie per un mondo privo di tali armi».2
Cruciali le decisioni dei paesi della NATO
Vista la feroce opposizione al TPAN da parte delle potenze che detengono un proprio arsenale nucleare, sarebbe cruciale per rompere il fronte stimolare l’adesione dei paesi europei che “ospitano” testate nucleari statunitensi, e in generale dei paesi che aderiscono all’Alleanza Atlantica. Anche se la NATO continua ad ribadire l’affidamento dell’Alleanza sugli armamenti nucleari (di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna), non vi è nessun impedimento reale perché uno Stato che non detiene armi nucleari proprie firmi il TPAN: soprattutto Stati che non “ospitano” armi nucleari potrebbero ottemperare in modo relativamente facile alle norme del TPAN, ovviamente pur di avere la dignità di sottrarsi al “Washington consensus” che è il vero collante della NATO, poiché in realtà gli Stati aderenti litigano su tutto!
Vi sono molte spinte in questo senso. Il 16 gennaio 2020 il Parlamento del Belgio (che “ospita” 20 testate nucleari statunitensi) votò su una Risoluzione presentata dalla Commissione Esteri del Parlamento che richiedeva l’eliminazione degli ordigni NATO dal territorio e l’ingresso del Belgio nel TPAN: la Risoluzione fu respinta per un margine strettissimo – 66 voti favorevoli e 74 contrari – 5 soli voti per ottenere la maggioranza (https://www.peacelink.it/disarmo/a/47222.html).
Sulla lista di ICAN circolano vari messaggi sulle crescenti pressioni di varie forze politiche in vari paesi.
Si ha l’impressione di una pentola che sta per scoppiare. E il baratro che segna la crisi irreversibile della politica e della società degli Stati Uniti (con la minaccia concreta che un Presidente possa innescare una guerra nucleare) dovrebbe consigliare proprio di dissociarsi dalla dipendenza da quel paese: perfino i topi fuggono da una nave che sta affondando!
I futuri passi degli Stati aderenti al TPAN
Il trattato contempla che gli Stati aderenti al TPAN tengano la prima riunione ad un anno dalla sua entrata in vigore, e questa è già programmata a Vienna per il gennaio 2022: auspicabilmente per quella data il numero di Stati aderenti avrà superato il numero di 51. Il Monitor del trattato contiene già una serie di proposte, ovviamente preliminari e non ufficiali, per un piano d’azione per l’implementazione del trattato (https://banmonitor.org/news/recommendations-for-the-first-meeting-of-states-parties-to-the-tpnw).
È interessante la prima di esse: il piano d’azione dovrebbe richiedere agli Stati nucleari di avviare negoziati, bilaterali o/e multilaterali, per porre fine alla corsa agli armamenti nucleari e avviare un processo generale di disarmo, sottolineando la partecipazione ai negoziati della società civile e delle organizzazioni internazionali.
La sfida che ci aspetta
Affido queste considerazioni alla riflessione collettiva. Il problema mi sembra che vada al di là del TPAN: da oggi la proibizione delle armi nucleari diventa norma del diritto internazionale. Questo è indubbiamente un fatto di grande rilevanza, tuttavia sappiamo bene che l’applicazione di una norma dipende dai rapporti di forza a livello della società, in questo caso a livello geopolitico. Ma si deve assolutamente rivendicare che il diritto è l’opposto della legge del più forte, e la democrazia, quella reale, si misura in primo luogo dai diritti che hanno le minoranze. Oggi, dopo 76 anni. il diritto di piccoli paesi, e piccoli popoli, diventa norma internazionale, a dispetto della volontà delle grandi e tronfie potenze.
Dalla dichiarazione dei diritti alla loro conquista spesso il passo è molto grande, alcuni diritti fondamentali sono ancora lontani dall’essere realizzati, altri sono costantemente messi in discussione (basta pensare alla legge sull’aborto). A me viene spesso alla mente il famoso detto «Datemi un punto d’appoggio e solleverò in mondo»: ecco, oggi il punto d’appoggio lo abbiamo, sollevare il peso delle armi nucleari sarà un processo ancora lungo e difficile, dipenderà dalla consapevolezza e la determinazione dei popoli della Terra pretendere che un divieto diventi realtà! Assumiamo la data di oggi come un buon auspicio.
1#. A chi non lo conoscesse (senza dubbio i giovani) raccomanderei la visione di un capolavoro di satira del lontano 1959, il film Il ruggito del topo, in cui il grande Peter Sellers interpreta 4 o 5 personaggi diversi. Il tema è il minuscolo Ducato di Grand Fenwick la cui unica fonte di ricchezza è l’esportazione del famoso vino omonimo. Allorché questo viene fabbricato anche dagli Stati Uniti le finanze del Ducato subiscono un tracollo irreparabile. Viene allora adottato il piano di dichiarare guerra agli Stati Uniti, perderla, poi ottenere delle sovvenzioni finanziarie. La dichiarazione di guerra viene cestinata dal Dipartimento di Stato, mentre un gruppo di soldati armati di corazze, archi e frecce, s’imbarca su di un battello. Giunti a New York, trovano la città deserta poiché è in corso un’esercitazione antiatomica. I guerrieri girano per le ampie strade deserte e pensano che gli Stati Uniti siano in allarme per il loro sbarco, ma vagano in cerca di qualcuno che possa vincerli, perché questa è la loro missione. Così s’imbattono nel professor Kokinz, che incurante dell’allarme sta dando gli ultimi tocchi alla bomba Q, enormemente più potente della bomba H ma delle dimensioni di una palla da rugby. Hanno allora l’idea geniale di prendere prigionieri il professore e sua figlia, con la bomba, ed anche il generale Ship, che con quattro agenti stava cercando i guerrieri di Grand Fenwick, scambiati per marziani. Tutta la comitiva viene fatta salire sul battello, che la riporta in Europa. All’arrivo nel Ducato costernazione generale perché il compito era di perdere la guerra, ma quando si viene a sapere che il Ducato è in possesso della bomba Q, i maggiori Stati del mondo mandano i loro agenti a trattare l’acquisto, mentre gli Stati Uniti sono costretti a firmare la resa. Le finanze del Ducato rifioriscono. Ma qualcuno cerca di rubare la bomba, e si innesca una specie di partita a rugby, e la bomba ruzzola a terra: terrore generale, la bomba produce un certo rumore ma … salta fuori un topolino.
2#. L’Art. 4 renderebbe molto difficile un complesso e necessario negoziato fra gli Stati nucleari per effettuare l’eliminazione controllata degli armamenti nucleari, come abbiamo delineato nell’articolo citato di Baracca e Pagani: come se uno Stato nucleare potesse decidere autonomamente l’eliminazione delle armi nucleari sottoponendosi a una rischiosissima vulnerabilità (si pensi ad esempio a India e Pakistan da sempre sull’orlo di un conflitto armato). Art. 4 comma 2: «Ciascuno Stato Parte che, in deroga all’articolo 1, lettera a), detiene, possiede o controlla qualsiasi arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari, deve immediatamente rimuoverli dallo stato operativo e distruggerli non appena possibile, ma non oltre un termine da determinare durante la prima Riunione degli Stati Parte, in conformità a un piano giuridicamente vincolante e con scadenza per l’eliminazione verificata e irreversibile del programma sulle armi nucleari di tale Stato Parte, compresa l’eliminazione o la conversione irreversibile di tutte le strutture connesse con le armi nucleari. Lo Stato Parte, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente Trattato per tale Stato Parte, presenta il piano agli Stati Parte o ad un’autorità internazionale competente designata dagli Stati Parte. Tale piano sarà quindi negoziato con l’autorità internazionale competente che lo sottopone alla successiva riunione degli Stati Parte o alla Conferenza di riesame, a seconda di quale sia prevista per prima, per l’approvazione in conformità con le sue regole procedurali.»