Luca 35,13-35

I DISCEPOLI  DI EMMAUS LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE

Dai vangeli sia di Luca che di Marco i discepoli sembrano quasi più delusi dalla Risurrezione (che li ha spiazzati) che dalla morte di Gesù.

In Luca c’è questo episodio di due discepoli che se ne vanno ad Emmaus (villaggio dove Giuda Maccabeo aveva vinto i pagani), forse per ritrovare un nuovo messia che “non morisse” e, sconfiggendo i pagani, liberasse Israele ,viene evidenziato.

Doveva essere la rivincita di un nuovo e diverso messia ,come  vendetta di Dio che schiaccia gli invasori. Anche il nome di uno di loro, Cleo (abbreviativo di Cleopatros, cioè “di padre illustre , glorioso”) indica come siano presi dall’ambizione e dal successo, vogliono un messia trionfatore!

Incontrano Gesù di Nazareth che nel viaggio si mette accanto a loro, li accompagna, ma non lo riconoscono.

Presentano a lui la delusione per Gesù “Noi speravamo che egli fosse colui che liberava Israele ….!” Ma Gesù di Nazareth non è venuto per questo, ma per inaugurare il “Regno di Dio”, non per restaurare quello di Davide.

 E gli Atti (sempre di Luca) diranno che si incontra con i discepoli  durante 40 giorni e parla del regno. Ma, alla fine, uno di loro gli chiede ancora “E’ questo il tempo in cui ricostruirai il Regno di Israele?” Sono ciechi, mantengono il loro modello, la loro speranza.

E Gesù, ad Emmaus, “interpreta” la scrittura per loro. Con una idea diversa, aperta può essere compresa solo da chi mette il bene dell’uomo al primo posto; solo se vi è un’apertura all’amore senza confini si può comprendere il senso della proposta.

I discepoli sono diretti ad Emmaus, villaggio (indica il luogo della tradizione) e luogo della rivincita del potere. Comunque gli chiedono di fermarsi con loro, di restare.

E mentre cenano insieme “prese il pane, lo benedisse e lo spezzò e lo diede loro”. A questo punto scatta  l’intuizione e si aprono i loro occhi e lo riconoscono.

Gesù si riconosce quando “il pane viene spezzato”, quando la sua vita si “spezza per gli uomini”, perché, a loro volta, i credenti diventino alimento per la vita degli altri.

E’ questa condivisione che rende presente l’esperienza di Gesù nella vita di tutti i giorni.

Questo criterio è valido ancora oggi: Gesù di Nazareth “si riconosce” quando la comunità,la persona  interpreta la Parola e si fa alimento solidarietà  per gli altri.

Non preoccupiamoci mai se siamo credenti, giusti ma se siamo uomini e donne umanamente profondi, solidali, capaci ora di con-dividere.

Vi consiglio la rilettura della lettera alla comunità n.23 Beato te che hai fede del 2014.7.
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