“La verità vi farà liberi” (Giovanni 8,32)
A che serve credere che Dio è padre se poi non lo sperimentiamo come tale nella nostra esistenza?
Da una conferenza inedita di fra Alberto Maggi.
Redazione e adattamento di Fredo Olivero.
Riprendiamo il nostro discorso sulla libertà. Abbiamo visto la novità portata da Gesù :qual’era questa novità?
1.DIO E’ PADRE.
In un contesto culturale, religioso, dove era indiscusso che Dio fosse il padrone e gli uomini i suoi servi, Gesù che è Figlio di Dio e Dio lui stesso, propone un rapporto diverso, propone un rapporto con un padre che si mette a servizio dei suoi figli. Il Signore si fa servo perché quelli che sono considerati servi si sentano signori.
Questo è un cambiamento straordinario ;qual è la conseguenza? Che comunicando agli uomini la sua stessa energia divina, gli uomini raggiungono la libertà.
Non c’è persona più pericolosa non solo nella istituzione religiosa, ma in qualunque istituzione di una persona libera.
Per persona libera non si intende uno che fa quello che gli pare, ma una persona che ragiona con la propria testa e cammina con le proprie gambe non condizionato da quello che gli altri gli possono dire e non è disposto a dire quanto piace agli altri se non corrisponde a verità.
Questa libertà, non viene data, ma va conquistata.
Gesù ha pagato con la vita questa nuova proposta di relazione con il Padre non più basata sull’obbedienza “alle sue leggi”, ma sulla somiglianza al suo amore.Una alleanza,una relazione che rende libere le persone, con la conquista della libertà, perché la libertà va conquistata. Dicevamo che se la libertà ci viene data, come ci viene data ci può essere anche tolta.
Quando viene conquistata è una conquista interiore che nulla o nessuno potrà poi più eliminare e anche questa non viene in maniera indolore.
A che cosa serva questa libertà oppure i rischi che ci possono essere della libertà quando viene malintesa ,ce lo dice Paolo nella lettera ai Galati che è tutto un inno alla libertà, alla pienezza della libertà delle persone. È una lettera da leggere perché è tutta sulla libertà.
Anzitutto parla anche, dice dei falsi fratelli che si erano intromessi a spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù; la libertà è pericolosa perché è contagiosa, quindi vengono a spiare. Ma poi nel cap. 4 e 5 dice S. Paolo e questo va tenuto presente, “..voi infatti fratelli siete stati chiamati a libertà purché questa libertà non diventi un pretesto per vivere secondo la carne, ( la carne significa secondo l’io, l’egoismo) ma mediante la carità siate al servizio gli uni degli altri (Gal.5,13).
Allora Gesù si fa servo perché i servi si sentano signori, cioè liberi, ma questa libertà non è per fare quello che mi pare, è una libertà che serve per mettersi a servizio degli altri quindi è una libertà finalizzata.
2.LA VERITA’VI FARA’ LIBERI.
Ora ci dedichiamo a Giovanni. Perché Giovanni In Giovanni 8,32 c’è l’espressione che può sembrare un po’ criptica: la verità vi farà liberi e allora vedremo questo concetto di verità che è strettamente legato al concetto della libertà. Quindi vedremo tre brani di vari capitoli di Giovanni importantissimi per comprendere il significato della libertà.
Riassumendo, Gesù viene a proporre una nuova relazione: ci libera dall’osservanza della legge. Prima citavamo Paolo quando dice che Cristo ci ha liberato addirittura dalla maledizione della legge. Quello che si credeva dovesse permettere la comunione con Dio, per Gesù è quello che lo impediva e lui ha pagato di persona tutto questo.
Allora vediamo che cosa significa essere liberi e qual è la condizione, la motivazione, la causa di questa libertà.
Iniziamo con il cap. 8, un capitolo drammatico del vangelo di Giovanni. Teniamo presente che (noi non lo faremo tutto naturalmente, ma solo alcuni versetti quelli che ci interessano) le autorità prendono in mano le pietre per ammazzare Gesù alla fine di questo discorso perché Gesù è pericolosissimo. Una persona libera,che libera gli altri è una persona pericolosissima per qualunque sistema. Ma andiamo al testo così comprendiamo meglio quello che l’evangelista ci vuol dire (Gv. 8, 28) .28 Disse dunque loro Gesù, Gesù sta parlando alle autorità religiose, i capi: “quando innalzerete il Figlio dell’uomo … l’espressione di Gesù è duplice significa non soltanto al momento in cui sarà innalzato nella croce. Quello che era il massimo disprezzo, la massima infamia per un uomo, per Gesù sarà il massimo innalzamento perché lì dimostrerà tutta la potenza del suo amore. Quando innalzerete il figlio dell’uomo allora conoscerete che Io sono. Io sono è il nome di Dio, la condizione divina. Gesù, e questa è caratteristica di tutti i vangeli, dichiara che l’odio mortale non si scatena sulla figura del messia perché il messia è uno. Una volta eliminato il messia le autorità vivono sonni tranquilli. Dove si scatena l’odio mortale della istituzione è il Figlio dell’uomo,
Perché? Figlio dell’uomo, lo abbiamo visto veniva da questa profezia di Daniele significa l’uomo con la condizione divina. Possiamo magari scrivere questa espressione, nel vangelo Gesù viene presentato come Figlio di Dio.
Figlio di Dio significa che Gesù manifesta Dio nella sua condizione umana. Quindi Gesù è Figlio di Dio perché manifesta Dio nella condizione umana. Figlio dell’uomo significa che Gesù manifesta l’uomo nella sua condizione divina. Ma questo è il pericolo, l’allarme: essere Figlio dell’uomo non è un privilegio esclusivo di Gesù, ma una possibilità per tutti quelli che lo accolgono. Ecco perché l’odio mortale delle autorità religiose. Ripeto, se Gesù si fosse presentato come il messia, di messia ce n’è uno solo, non è che tutti i seguaci del messia diventano messia per cui eliminato il messia siamo a posto, ma Gesù è contagioso. Gesù è il Figlio dell’uomo e afferma che questa condizione,cioè l’uomo con la condizione divina, chi lo può regolare, chi lo può controllare? E’ pericolosissimo perché ci saranno tante altre persone che raggiungeranno questa condizione.
Quindi è il Figlio dell’uomo cioè questo modello dell’uomo quello che attira l’odio mortale delle autorità religiose perché nell’istituzione religiosa, e non solo, si desidera un uomo sottomesso, obbediente, da poter dominare e non un uomo potenziato, un uomo libero. L’uomo deve essere sottomesso e soprattutto deve essere obbediente.
Allora conoscerete che “io sono” ,cioè porto il messaggio di Dio Padre e che da me stesso non faccio nulla, ma come mi ha insegnato il Padre, faccio queste cose Innalzato sulla croce, Gesù non sarà uno distrutto, ma glorificato.Dice che sarà innalzato perché in lui, che sarà la massima espressione dell’amore, si manifesteranno la gloria e la pienezza della condizione divina. Proprio quando le autorità crederanno finalmente di avere eliminato Gesù che è un pericolo per loro e per l’istituzione religiosa che rappresentano, il Cristo si innalzerà con più potenza.
8.29 “E colui che mi ha inviato è con me e non mi ha lasciato solo perché io faccio sempre ciò che gli è gradito.” Gesù è sicuro, ha la certezza di avere con sè il Padre perché Dio collabora alla azione creatrice del Figlio come collabora con tutti quelli che vogliono comunicare vita agli uomini. L’unica garanzia della presenza del divino in una persona o in una istituzione è l’incessante attività a favore del bene dell’uomo, tutto il resto è relativo.
3.Quindi l’unica garanzia per Gesù della presenza divina in una persona, in un gruppo di persone, in una stituzione, è che questa persona, questo gruppo di persone si diriga verso il bene degli uomini.
8,30 “Mentre diceva queste cose molti credettero in lui”. Spesso l’evangelista Giovanni intercala la narrazione con molti credettero in lui. Attenzione, non lasciamoci ingannare perché queste adesioni sono momentanee, spesso lo spazio di un discorso. Molte volte quelli che hanno creduto in lui poi gli si rivoltano contro e cercano di ammazzarlo perché in Giovanni credere non significa una azione intellettuale, accettare una idea, ma pratica nel seguire concretamente Gesù nella sua attività di servizio agli uomini.
Credere, nel vangelo di Giovanni, significa seguirlo. Gesù non desidera ammiratori, ma seguaci, e qui ritorna quello che abbiamo visto : la legge dalla quale Gesù ci ha liberato è l’accoglienza di lui e della sua realtà che ritorna in tutti i vangeli.
v.31 Gesù a questo punto diceva ai giudei che gli avevano creduto (i giudei nel vangelo non sono il popolo, ma le autorità religiose che gli avevano creduto, e vediamo che è momentaneo) se voi rimanete nella parola, quella mia – il termine greco per parola è logo o logos da cui è facile capire la vicinanza con il deka-logos, il decalogo, lo conosciamo tutti sono quelli che noi chiamiamo i comandamenti di Mosè. Allora qui Gesù propone a quelli che sono radicati nella legge di Mosè, nel decalogo, di fare un passo e di radicarsi invece nella sua parola, un’unica parola.
4.Il vangelo di Giovanni inizia con quell’espressione del prologo che in principio c’era questo logos, questa parola, una sola parola che si è manifestata in Gesù. Per questo in questo vangelo Gesù lascerà un unico comandamento, ma è strano perché Gesù parla di comandamento, di qualcosa che non si può comandare perché è il comandamento dell’amore. Tutto si può comandare meno che amare. Potrai comandare di obbedire, di servire, ma non puoi comandare di amare.
Perché Gesù nella cena dice vi lascio un comandamento, quando comanda l’unica cosa che non si può comandare?Perché contrappone il suo comandamento ai 10 comandamenti, al decalogo e dirà Gesù: vi lascio un comandamento nuovo. Il termine greco adoperato dall’evangelista per nuovo non significa aggiunto nel tempo, aggiunto agli altri, ma una qualità talmente superiore che glissa gli altri.
Potremmo tradurre: vi lascio un comandamento migliore e questo unico comandamento com’è? Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (Gv.13,34).
Gesù non dice, non afferma amatevi gli uni gli altri come io vi amerò, l’amore al futuro, quello che esprimerà sulla croce, ma il verbo è al passato, come io vi ho amato e com’è che ha amato Gesù? Ha amato lavando i piedi ai discepoli, ecco che di nuovo ritorna questo servizio e libertà, amore, servizio e libertà ritornano sempre in tutto questo.
Allora Gesù diceva ai giudei che gli avevano creduto: se voi rimanete nella parola, nel logo e Gesù sottolinea, quello mio, quindi non nel decalogo di Mosè, sarete veramente miei discepoli. Gesù sta chiedendo molto : a quanti sono radicati nelle 10 parole, qui usa il termine biblico per i comandamenti, nel decalogo, Gesù li invita a situarsi nell’unica parola di Dio che è lui stesso.
5. La parola di Dio non è un testo, ma si incarna in una persona in carne ed ossa che orienta la propria vita per il bene degli altri.
Coloro che si vantano di essere i discepoli di Mosè ,Gesù li invita a farsi suoi discepoli e Gesù sta chiedendo francamente troppo perché sta parlando non al popolo, sta parlando ai capi religiosi.
Quindi Gesù vuole portare dal decalogo al logos cioè a un’unica parola, quello che abbiamo visto : l’operazione di Gesù per rendere libere le persone liberandole da questo dominio della legge che era quello che impediva al Padre di comunicare il suo amore ai propri figli. Perché questo? Perché questa legge veniva fatta passare per volontà divina, ma non tutto lo era. Già i profeti denunciano la manipolazione della legge da parte della classe sacerdotale al potere.
Nel profeta Geremia cap. 8,8 il Signore stesso dice: “voi scribi parlate sempre di legge, ma quale legge? Quella che voi avete falsificato con la vostra penna menzoniera!. “Allora bisogna stare attenti in quel complesso che noi chiamiamo legge divina, non tutto proviene da Dio perché molto è frutto della penna menzognera degli scribi, gli scribi erano i teologi ufficiali e perché hanno dovuto falsificare la legge?
Per il proprio interesse, avevano reso la legge impraticabile in modo che le persone si sentissero sempre in debito, sempre in colpa e sempre bisognosi di offrire offerte al Signore. E’ per la loro convenienza che hanno falsificato la legge divina; quindi quando si dice questa legge bisogna avere sempre un criterio di discernimento. Ecco qui il versetto che ci interessa.
6.Quindi ha chiesto di passare, è un passaggio necessario, lasciare il decalogo per andare a un’unica parola che si esprime nel vangelo di Giovanni in un unico comandamento.
Prima dicevamo verso la conclusione il dramma e la tristezza della nostra educazione religiosa nella quale ancora ha una grande predominanza il decalogo, i comandamenti di Mosè mentre le beatitudini di Gesù, che secondo il vangelo di Matteo sono la sostituzione dei comandamenti, hanno una parte secondaria. Ancora oggi veniamo educati secondo la legge, perché? Ma è chiaro:la legge serve per dominare, serve per controllare.L’effetto collaterale del messaggio di Gesù è invece che rende le persone pienamente libere,come abbiamo detto prima, le rende capaci di ragionare con la propria testa e di camminare con le proprie gambe e questo è pericoloso per il sistema. Allora v.32” conoscerete la verità e la verità vi libererà” . Attenzione diciamo subito che questa verità non è un sapere, ma un modo di vivere, non sono concetti, ma esperienze.
Questo è importante perché a volte una interpretazione inesatta di questo testo ha fatto credere la comunità di Giovanni come una sorta di élite, di sapienti, quelli che detengono la verità, che sanno la verità e per questo sono liberi. Questo sarebbe ingiusto perché non tutti hanno le capacità intellettuali e culturali della sapienza. Quindi non è questo! Adesso vedremo e approfondiremo proprio questo concetto della verità.
7.Quindi conoscerete la verità e la verità vi libererà. A coloro che si considerano i servi del Signore perché così da sempre la religione ha insegnato, abbiamo visto in lungo e in largo come non solo nelle altre religioni, ma specialmente in quella ebraica:come Dio fosse il padrone della persone, mentre Gesù invita a essere pienamente liberi, nella piena libertà che è la vera condizione di ogni figlio di Dio.
Chi non è libero non è figlio di Dio; è in crescita, in cammino, ma chi non è libero ancora deve fare un grande percorso.
Quanti orientano, come Gesù, la loro esistenza al bene degli altri, questi percepiscono Dio come Padre, non più Dio come un legislatore, ma come il creatore. Lo sapete, lo abbiamo già visto durante gli altri incontri di quest’anno come nella bibbia esistano due filoni in contrapposizione tra di loro. C’è il filone nato nei circoli sacerdotali attorno al tempio di Gerusalemme dove Dio viene presentato prevalentemente sotto l’aspetto del legislatore, quello che fa le leggi e quello che caratterizza l’adesione a questo Dio legislatore è il sacrificio, l’offerta di qualcosa a questo Dio.
Nell’altro filone, nato nei circoli profetici spesso proprio in contrapposizione all’istituzione di Gerusalemme, prevale l’immagine del Dio creatore, quello che crea l’uomo e lo protegge e ciò che esprime il rapporto con questo Dio creatore è la compassione. Sarà Dio stesso a prendere posizione, confermata poi da Gesù con l’affermazione “misericordia voglio e non sacrifici”. E’ Dio stesso che prende posizione e poi Gesù lo confermerà.
Quindi quanti orientano come Gesù la loro esistenza verso il bene degli altri percepiscono Dio come padre. Nella misura, graduale, crescente, ma continua che si percepisce Dio come padre nella propria esistenza, ecco che l’immagine del Dio legislatore, del Dio dominatore, di quello che ti fa sentire in colpa, di quello del quale tu temi i castighi, piano, piano, evapora come la nebbia al sole. Per questo più intensa è questa relazione e più l’uomo scopre la verità su Dio e su sé stesso ed è chiamato alla condizione divina quale figlio adottivo del Signore.
Quindi la verità alla quale Gesù ci invita, che poi diventa uno stile, una pratica, qual è questa conoscenza della verità? Che Dio è padre, questa è la verità. Dio non è il Dio delle leggi, il Dio che ti mette paura, il Dio che ti fa sentire in colpa, il Dio che ti fa sentire peccatore, Dio è padre e quando scopri che Dio è padre questo ti fa sentire pienamente libero.
8.La verità liberatrice pertanto non è altro che la scoperta dell’amore universale del Padre. Quando si parla di amore universale non si intende soltanto l’estensione ovunque, ma la qualità per tutti, non c’è una persona al mondo che possa sentirsi esclusa da questa azione divina dell’amore del Padre. Questa verità non è un concetto, ma una esperienza, e adesso vedremo che si acquista nella misura che la propria vita è orientata verso il bene dell’altro.
Dio è il creatore, l’onda d’amore della creazione porta sempre a comunicare vita agli altri e quanti si mettono in sintonia con questa onda intrecciano la loro vita con quella del Padre e diventano una sola cosa. Attraverso la pratica di questo amore si può percepire pertanto Dio come Padre nella propria esistenza e se stessi come figli. Io credo che uno dei brani della nostra educazione cristiana che ci hanno insegnato a credere che Dio è padre. Se voi provate a dire, almeno ai battezzati, credi che Dio è padre?, sono tutti pronti a dire di sì, ma non ci hanno insegnato a sperimentarlo come tale. Provatelo, io l’ho fatto, provatelo anche voi. Quando chiedete: credi che Dio è padre, tutti dicono sì. Provate ad aggiungere, raccontami l’ultima volta che l’hai sperimentato come tale. Ah … scena muta, non lo sanno.
A che serve credere che Dio è padre se poi non lo sperimentiamo come tale nella nostra esistenza? Ecco quindi l’invito di Gesù, quello a cui Gesù ci invita, è una esperienza che si acquista nella propria vita nella misura che è sempre più orientata per il bene degli altri.
Attraverso la pratica di questo amore quindi si può percepire Dio come padre e se stessi come figli. Questa nuova relazione rende pienamente liberi e questa nuova condizione è incompatibile con qualunque sottomissione a istituzioni o persone. Quindi la frase di Gesù ora è comprensibile :”conoscerete la verità e la verità vi libererà”.
Quindi è rischioso, attenti è rischioso perché poi le conseguenze, lo abbiamo visto, Gesù l’ha pagato di persona e anche i suoi seguaci lo pagheranno perché le persone che sono libere sono estremamente pericolose.
9.S. Paolo poi nella 2^ Corinzi 3,17 dirà: dove c’è lo Spirito del Signore c’è la libertà. La condizione per essere liberi è lo Spirito del Signore e la condizione per avere lo Spirito del Signore è la libertà. L’uno sono in funzione dell’altro.
Più sei libero e più Dio ti comunica il suo Spirito, più accogli questo Spirito e più vai verso nuove frontiere di libertà. Ma ripeto questo rende le persone completamente pericolose.
Ricordate: molti credettero in lui, e nel giro di qualche minuto, il tempo di qualche parola, sentite adesso le reazioni, gli stessi che avevano creduto in lui v.33 “gli replicarono: Stirpe di Abramo siamo, e non siamo mai stati schiavi di nessuno, come puoi dire diventerete liberi?” Questa offerta di libertà è stata vista come un’offesa. Ogni ebreo per il fatto di essere discendente di Abramo e soprattutto di Sara (Sara sapete è il nome che significa principessa) si riteneva di stirpe regale. Nel libro della genesi 17,16 si legge: io la benedirò e da lei ti darò anche un figlio, la benedirò e diventerà nazioni, re di popoli usciranno da lei. Quindi il popolo di Israele si riteneva di stirpe reale per questo si offendono quando Gesù offre loro di essere liberi come se fossero stati schiavi di qualcuno. v.34 Rispose loro Gesù… e c’è una espressione che Gesù usa nella lingua aramaica che noi traduciamo “in verità” che significa “vi assicuro”. Quando Gesù la ripete quell’amen, amen o in verità, in verità, significa attenzione. E’ uno strattagemma naturalmente dell’evangelista: quello che vi sto dicendo è sicuro, è certo. Rispose loro Gesù: amen, amen, cioè vi assicuro, chi fa il peccato è schiavo del peccato. Uno si chiederà a questo punto, ma cosa c’entra il peccato con questa discussione? La replica di Gesù è molto, molto dura. Chi aderisce a una istituzione ingiusta e su questa fonda la propria attività crede naturale comportarsi così e diventa complice del peccato. Il peccato nel vangelo di Giovanni non sono le colpe degli uomini, ma è l’ingiustizia che come una cappa grava sull’umanità e lo separa da Dio. Quanti dominano e sottomettono gli uomini non hanno alcuna esperienza dell’amore del Padre, ma di una divinità che loro stessi hanno creato a loro immagine e somiglianza.
10 .Il Dio della religione è stato creato dagli uomini per giustificare il loro potere, il loro dominio, la loro ingordigia. Chi non sperimenta l’amore del Padre attraverso l’amore verso gli altri non può conoscere Dio come padre, ma solo come un sovrano al quale sottomettersi. Quindi è in gioco la vita, è in gioco la piena libertà; o fai questa esperienza di Dio come padre, e farlo non è un sapere, ma bisogna orientare la propria vita verso il bene a servizio degli altri o altrimenti rimani in questa condizione di servo .
C’era qualche domenica fa un brano del vangelo di Luca, perché tutti gli evangelisti naturalmente riportano la stessa offerta, Gesù ci fa una proposta, ma non è che ci può obbligare. Quello che viene da Dio amore può essere soltanto offerto perché l’amore non può essere imposto può essere soltanto proposto.
Ebbene, nel vangelo di Luca si riportano queste stesse tematiche in maniera diversa.
Ricordate qualche domenica fa nel vangelo di Luca 17,10 la finale che sembra triste, demoralizzante: e quando avete fatto tutto quello che dovete fare dite, siamo servi inutili e quindi un pistolotto da parte dei parroci sull’umiltà, sull’indegnità e via…. Nulla di tutto questo. Gesù offre una alternativa, offre l’alternativa di essere come lui Figli di Dio, avere la condizione divina, ma per farlo devono mettere la loro vita in sintonia con l’amore del Padre. Ecco perché in questo brano poco prima Gesù aveva chiesto di essere capaci di perdonare sempre ed è a questo proposito che i discepoli chiedono “ accresci la nostra fede” (Lc.17,6) perché sentono di non esserne capaci.
Gesù allora dice, usando l’immagine presa dalla cultura del tempo : chi di voi se ha un servo quando torna a casa non si fa servire da questo servo e quando questo servo ha fatto tutto quello che doveva fare, riceverà un premio, un ringraziamento? No, dirà siamo servi inutili. Cosa vuol dire Gesù? Gesù propone di essere liberi come Figli di Dio, se non lo fate rimanete nella condizione di servi perché Gesù invece ai suoi sta dando tutta un’altra indicazione contrapposta con questa immagine del padrone che si fa servire.
Gesù, sempre cercando di portare avanti questa linea di crescita delle persone diceva ai suoi, sempre nel vangelo di Luca, siate riconoscibili da un atteggiamento di servizio.
L’espressione di Lc. 12, 35, quando dice: cingete i vostri fianchi.. La veste normale dei palestinesi era una lunga tunica fino ai piedi. Allora per lavorare questa tunica veniva alzata e legata alla cinta. Allora Gesù quando dice cingete i vostri fianchi, significa siate riconoscibili per un atteggiamento continuo di servizio. Poi dopo dà una indicazione, le vostre lampade accese … Uno si chiede, ma perché questo particolare, perché Gesù va a pensare alle lampade? Naturalmente i vangeli sono pieni di riferimenti.
Quando Israele è uscito dalla terra d’Egitto per entrare nella terra della libertà Dio era presente in una tenda e in questa tenda per significare la presenza di Dio, del Dio liberatore, c’era una lampada sempre accesa. Allora Gesù sta dando una indicazione molto preziosa: siate riconoscibili per un atteggiamento di disponibilità, di servizio e facendo questo voi siete l’unica (adesso ci arriveremo anche in Giovanni) manifestazione di Dio, la presenza di Dio. A questo proposito Gesù, in contraddizione con quello che poi ha seguito, dirà: immaginate un signore che a tarda notte arriva a casa, trovando i servi ancora svegli (Lc.12,37) che cosa farà? La logica dice si farà servire! Invece dice no, li farà sdraiare a tavola, l’immagine è proprio quella della cena del Signore e passerà lui a servirli! Quindi l’immagine che Gesù dà di sé stesso è un Signore che si fa servo affinché i servi si sentano i signori. Quindi in piena contrapposizione con l’altra, Gesù fa una proposta. Se non lo fate? Se non lo fate, va beh rimanete nella condizione di servi. Gesù non può imporre di passare da servi a figli, può soltanto proporlo, anche se lo propone con insistenza.
Quindi chi non sperimenta l’amore del Padre attraverso l’amore del servizio agli altri non può conoscere Dio come padre, ma soltanto come un padrone al quale sottomettersi. Dipende poi dalle persone come fare, ma mentre la relazione padre-figlio è immediata e non ha bisogno di alcuna mediazione, ed ecco il pericolo, quella invece di servo verso il signore-padrone ha bisogno della mediazione di istituzioni, di persone che rappresentano la sovranità di Dio ed esercitano il dominio sulle persone. E’ chiaro se io ho una relazione di figlio col padre la relazione è immediata, se io sono un servo, il servo non ha accesso al signore. Il servo ha bisogno di mediatori per arrivare a fare conoscere i suoi bisogni al Signore, ecco l’immagine dell’istituzione religiosa.
Pertanto qui in gioco è l’esistenza stessa dell’istituzione religiosa. Ecco perché ripeto, alla fine di questo discorso, che i capi hanno capito molto bene, l’evangelista Gv. 8,59 scrive: e presero le pietre per lapidarlo e siamo nel tempio di Gerusalemme, il luogo più santo perché se la gente accoglie questo messaggio di libertà di Gesù, che come vedremo è quello di un rapporto immediato con il Padre, tutte quelle mediazioni che gli uomini hanno creato per giustificare l’esistenza dell’istituzione religiosa, una dopo l’altra cadono.
11.È il caso di riassumere l’esistenza dell’istituzione religiosa per comprendere la portata di quello che Gesù ci sta adesso affermando. Secondo l’istituzione religiosa l’uomo è qui sulla terra, Dio è lontanissimo nell’alto dei cieli,(al settimo cielo) gli uomini non possono rivolgersi direttamente a Dio, hanno bisogno di mediazioni. Allora hanno bisogno anzitutto di andare in un luogo sacro che sarà il tempio, non è che si possono rivolgere a Dio in qualunque parte. Quindi hanno bisogno di andare un luogo sacro, in questo luogo sacro devono rivolgersi ai sacerdoti. L’uomo secondo la concezione del tempo non può rivolgersi direttamente a Dio, deve farlo in un luogo sacro, deve rivolgersi a dei sacerdoti e secondo un culto ben preciso, il tutto codificato nella legge divina.
Ecco la pericolosità di Gesù. Se Gesù invita ad avere un rapporto non più di un uomo con un Dio Signore, ma di figlio con il Padre, non c’è più bisogno di andare in un luogo sacro, non c’è più bisogno della mediazione dei sacerdoti, cade il culto e quindi cade anche la legge. Ecco quindi la pericolosità estrema di Gesù. E continua Gesù: 35 Lo schiavo non rimane nella casa per sempre, il figlio resta per sempre. Qui Gesù usa un modo squisitamente rabbinico di ragionare, si rifà alla storia di Abramo e di Sara e il riferimento è al figlio che Abramo ha avuto con una schiava, Ismaele, che non godeva gli stessi diritti dell’altro figlio. Quindi ai giudei che si vantano di essere liberi per il fatto di essere nati da Abramo, Gesù obietta che sì si può nascere da Abramo, ma senza essere liberi come lo è stato per Ismaele. La proposta finale che fa Gesù: se dunque il Figlio vi libera sarete veramente liberi. Quindi Gesù essendo il Figlio libero può liberare infondendo il suo Spirito. Un servo, un servo non può liberare, per liberare una persona ci vuole il Figlio. Conclude Gesù: 37 So che siete stirpe di Abramo. Ma cercate di ammazzarmi perché la mia parola non trova posto in voi (ricordate all’inizio abbiamo cominciato con il termine logo contrapposto al decalogo, ecco di nuovo torna ancora questo termine logo). Perché non trova posto in voi? Perché già occupata dalle 10 parole. Quindi soltanto quando la persona si libera dalle 10 parole può accogliere la unica parola, ma fintanto che la sua vita è occupata dalle 10 parole questa parola non può trovare posto.
L’evangelista qui sta affermando quello che altri evangelisti diranno in forma diversa: vino nuovo in otri nuovi (Lc.5,38). La tentazione di accogliere il nuovo di Gesù è di inserirlo nel vecchio e Gesù dice no, si perde l’uno e l’altro. La tentazione, ma di fatto lo abbiamo fatto, è di noi cristiani che abbiamo accolto la parola di Gesù, ma l’abbiamo affiancata alle 10 parole. No, l’una è incompatibile con l’altra o accogli la parola di Gesù e allora ti sbarazzi delle 10 parole o rimani con le 10 parole e non c’è posto per la parola, oppure ecco metti il vino nuovo negli otri vecchi. Accogli la parola nuova di Gesù, ma la affianchi alle 10 parole, la affianchi al decalogo che è un po’ la condizione in cui normalmente siamo cresciuti e ci hanno abituato.
Quindi ci hanno fatto questa scelta tremenda di mettere il vino nuovo negli otri vecchi.
Quello che Gesù è venuto a fare esige una maniera completamente nuova di realizzarci.
Ciò che ho visto presso il Padre, afferma Gesù, dico, anche voi fate quello che avete udito dal Padre. Qui le autorità cercano di ammazzare Gesù, allora termina il discorso affermando che in realtà loro sono figli non di Abramo, neanche i figli di Dio, ma sono i figli del diavolo.
12.Facciamo un altro brano di Giovanni cap. 3 nel discorso che Gesù fa con i farisei, un brano da dove capiamo bene questo fatto della verità e della libertà perché noi abbiamo l’idea sempre di verità come una esperienza intellettuale.
Gesù sta parlando con Nicodemo che non comprende e Gesù dice: 20 Chiunque fa (usa il verbo fare), il male odia la luce e non viene alla luce perché non siano rivelate le sue opere. Gesù si rifà a quella che è una esperienza comune di tutti; chi compie il male, un delinquente, un farabutto ha paura della luce, chi compie il male ha bisogno del vantaggio dell’oscurità, delle tenebre, altrimenti viene manifestata tutta la sua azione. Quindi chi compie il male ha paura della luce, si rintana sempre di più nelle tenebre.
Qui Gesù dice: chiunque fa il male odia la luce non viene alla luce perché non siano rivelate le sue opere. Non è la dottrina che separa da Dio, ma la condotta. Per questo Gesù non offrirà mai dottrine, ma pienezza di vita, sono le opere, non quello che uno crede più o meno. Gesù si sta rivolgendo a Nicodemo, il capo dei giudei, fariseo, appartenente a questo sistema di potere e di oppressione che nel vangelo di Giovanni viene raffigurato proprio come le tenebre. Ed ecco allora che comprendiamo meglio cosa significa la verità. 22 Ma chi fa la verità viene alla luce, per noi non è facile comprendere questo concetto perché la verità si crede, la verità si accoglie, la verità si accetta, ma perché Gesù dice: fa la verità? Cosa significa fare la verità? Ebbene Gesù contrapponendola con fare il male, fare la verità significa fare il bene. Allora fare la verità,adesso lo vedremo con il cap. 14 di Giovanni, fare la verità significa fare il bene dell’altro e anche nostro.
Allora, tornando indietro, quando Gesù ha detto: la verità vi renderà liberi, non significa un sistema di conoscenze, delle acquisizioni intellettuali, l’accettazione delle dottrine, ma significa fare il bene. La verità quindi nel vangelo di Giovanni non va creduta, ma va fatta, va praticata. Nel prologo Giovanni aveva definito Gesù pieno di grazia e di verità, espressione con la quale l’evangelista voleva indicare un amore vero, un amore fedele che è la caratteristica dell’amore di Dio, un amore che non si lascia condizionare dal comportamento degli uomini. L’amore si può chiamare tale solo nella misura in cui realizza il bene degli uomini e delle donne comunicando vita. Allora qual è la verità che ci rende pienamente liberi? Se fare il male porta il danno alle persone, fare la verità significa comunicare vita alle persone. Questo è il livello al quale Gesù ci intende portare. Ma ancora non abbiamo finito, lo vedremo nella seconda parte nel cap. 14 dove Gesù afferma: Io sono la verità e allora tutto questo nel rapporto tra verità e libertà credo che lo avremo più chiaro.
13.Gesù ha dichiarato la verità vi farà liberi, ma bisogna comprendere pienamente che cos’è la verità. Quindi vediamo nel vangelo di Giovanni che è quello che più degli altri tratta il tema della libertà che cosa significa.
Adesso saltiamo a quello che originariamente era l’ultimo capitolo del vangelo di Giovanni prima del suo arresto. Cosa significa originariamente? Noi sappiamo che per 4 secoli il testo dei vangeli era considerato un testo vivente. Che significa testo vivente? Che ogni comunità si sentiva autorizzata di aggiungere in base alla propria esperienza. Poi dopo dal quarto secolo questo non fu permesso. Allora nel testo primitivo, originario del vangelo di Giovanni dal cap. 14 si passava direttamente al cap. 18. Infatti se voi prendete il cap. 14finisce con Gesù che dice: alzatevi, andiamo via di qua. Poi nella versione che adesso abbiamo Gesù riprende a parlare tutto il cap. 15, un discorso importantissimo, tutto il cap.16, tutto il cap. 17 che è importantissimo ed è lunghissimo e soltanto al cap. 18 leggiamo:detto questo Gesù uscì con i suoi discepoli. Quindi è chiaro che originariamente dal cap.
14, alzatevi, andiamo via di qua, detto questo Gesù uscì con i suoi discepoli, si andava al cap. 18.Pertanto quello che adesso leggiamo era importantissimo perché era l’ultimo insegnamento di Gesù prima del suo arresto, quindi l’evangelista lo ha caricato in maniera particolare di significati. Che cosa c’è in questo capitolo Gv.14? I discepoli sono turbati per la predizione che Gesù ha fatto del tradimento di Pietro e ai discepoli Gesù dice:1 Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me Prima di arrivare al versetto che ci interessa: Io sono la verità (Gv.14,6), dobbiamo prenderlo nel contesto, ma vedrete che tutto è in sintonia con quanto abbiamo detto.
Sta per abbattersi sul gruppo di Gesù una tempesta senza precedenti che può mettere in crisi i discepoli. Gesù vuol far comprendere che anche se sarà condannato come un maledetto da Dio…. e c’è da chiedersi, perché per Gesù i sommi sacerdoti hanno chiesto la crocefissione? Non era la maniera ordinaria per eseguire le sentenze capitali.
Le sentenze capitali nel mondo ebraico si eseguivano mediante la lapidazione o lo strangolamento e nel mondo romano, secondo il codice romano, attraverso la decapitazione, perché per Gesù hanno scelto la crocefissione? Perché era una tortura talmente orrenda, talmente faceva paura che era riservata alla feccia della società ed era una fine che nel libro del deuteronomio 21,23, quindi la parola di Dio, dice che è riservata ai maledetti da Dio. Per fare questa fine significa che è maledetto, ecco perché per Gesù hanno scelto la crocefissione.
Questo è importante :l caricarsi la croce, perché non bastava ammazzare Gesù, bisognava diffamarlo. Se Gesù veniva semplicemente ammazzato c’era il rischio di creare il martire e la situazione era peggio di prima, invece bisognava convincere le persone: come avete potuto pensare che questo Gesù fosse un inviato da Dio o il Figlio di Dio? Vedete che fine ha fatto? Ha fatto la fine dei maledetti. Allora questa è la tempesta che si abbatte sul gruppo di Gesù.
I rappresentanti di Dio giudicano Gesù un nemico di Dio, in realtà per Gesù Dio, il vero Dio è il Padre, è con lui perché lui e il Padre sono un’unica realtà. Ecco perché Gesù dice abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Quindi Gesù si rivolge ai discepoli che sono turbati per la predizione del rinnegamento di Pietro e li rassicura che l’adesione che avete dato a me, state tranquilli è la stessa che è data a Dio. Sono le autorità religiose a non credere in Gesù perché non credono in Dio. La denuncia che fa l’evangelista è tremenda, dice: non hanno conosciuto né il Padre, né me (Gv.16,3). Poi Gesù continua dice: “ Nella casa del Padre mio … e qui scusate un particolare che può sembrare secondario, ma è importante perché gli evangelisti, come abbiamo visto altre volte, sono dei grandi teologi, ma anche dei grandi letterati. Ogni particolare, ogni parola è stata scelta in maniera particolare.
Qui Gesù dice: nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Casa, nella lingua greca si scrive con oikos. Da oikos deriva poi la parola economia, la legge della casa che significa il tempio, il luogo sacro, quindi abitazione nel tempio sacrale, abitazione, e nel vangelo di Giovanni viene usata per il tempio. Poi c’è un altro termine che è oikia che invece significa l’ambiente domestico, potremo tradurre in italiano, adesso non si usa più questa parola, il focolare per dare l’idea. Un conto era la casa come abitazione, un conto è il focolare domestico. Ebbene Gesù qui per parlare della casa del Padre non adopera il termine che poi avrà il significato sacrale, il tempio (adesso lo vedremo), ma adopera quest’altro termine che significa il focolare domestico. Perché?
Nella nuova realtà del regno non c’è più spazio per alcun tempio, non ci sono luoghi sacri, ecco la pericolosità di Gesù, perché è la persona ,l’uomo ad essere sacro. Ecco perché Gesù è stato ammazzato! Non c’è più bisogno di alcun luogo sacro perché l’unico sacro è l’uomo e l’autore del libro dell’apocalisse 21,22 dirà: non vidi nessun tempio in essa perché il Signore Dio l’Onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio. Con Gesù è finita l’epoca degli spazi sacri, dei templi, perché è l’uomo l’unico spazio sacro nel quale Dio si manifesta. Voi capite che questo per l’istituzione religiosa è un allarme. Quindi nella nuova realtà, quella dell’amore manifestato non vi sarà alcun tempio, nella dimora del Padre c’è posto per tutti quelli che accettano il suo amore. Il significato di questa espressione poi verrà esplicitata più avanti nel v. 23 in una delle dichiarazioni più importanti di Gesù che se comprese cambiano radicalmente il proprio rapporto con Dio, il rapporto con gli altri e la propria esistenza e purtroppo è una di quelle frasi che sembrano così, passate nell’aria e non se ne comprende l’importanza.
14.Qui Gesù dirà al cap. 14,23: e a chi mi ama, il Padre mio e io verremo in lui e prenderemo dimora in lui. Con Gesù è finita definitivamente l’epoca dei luoghi santi, dei santuari, dei templi. Il Dio di Gesù è un Padre che chiede ad ogni persona: accoglimi nella tua vita, io voglio fondermi con te, dilatare la tua capacità d’amare e renderti l’unico vero santuario dal quale si irradia la mia misericordia e la mia compassione. Quindi l’uomo diventa il tempio di Dio e qual è la differenza? Che mentre al tempio creato dagli uomini sono le persone che si devono recare a determinate condizioni, e alcuni per la loro situazione, per la loro condizione si sentono esclusi, il nuovo tempio che è composto da persone, da comunità è questo che va incontro proprio agli ultimi, agli emarginati.
Qui Gesù dice (Gv.14,2): nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto. Non si tratta quindi di una dimora presso il Padre ma il Padre che viene a prendere dimora tra gli uomini. Perché Gesù dice: vi sono molte dimore? Perché la grandezza di Dio non può manifestarsi in una sola esperienza, in una sola persona, ma ha bisogno di molteplici manifestazioni. C’è un tema che spesso tiriamo fuori, ma è importante sapere che da quando esiste l’umanità non è mai apparsa sulla faccia della terra una persona identica a noi e per quanto esisterà l’umanità non ne apparirà più una uguale a noi. Lo abbiamo scoperto solo ora col DNA!
Noi non siamo pezzi di serie fatti così alla svelta, ma siamo venuti al mondo (ricordate il discorso di essere figli adottivi di Dio cosa significa), siamo venuti al mondo perché Dio aveva bisogno di manifestarsi attraverso di noi in una forma nuova, originale e creativa. Sta a noi accogliere questa offerta naturalmente e renderla in pratica. Questo cosa significa? Che siamo preziosi agli occhi del Signore per cui tutto quello che incontriamo nella nostra vita lui farà in modo che serva per realizzare questo progetto perché siamo importantissimi.
Ecco allora le molte dimore, ogni credente è la dimora del Padre e questo amore fiorisce in forme inedite. Siamo noi che accogliendo questo amore lo dobbiamo manifestare in forme nuove, inedite, originali non dobbiamo copiare gli altri o scimmiottare gli altri o renderci simili agli altri.
15.E quando sarò andato vi avrò preparato un posto, tornerò di nuovo e vi accoglierò presso di me, perché siate anche voi dove sono io.
Gesù è sempre nella sfera dell’amore del Padre ed è in questa che accoglie i suoi discepoli.
L’amore che si trasforma in servizio è la sfera di Dio. Per questo è inaccessibile a chi? Alle autorità religiose, ai capi religiosi. Sì, si presentano come più vicini a Dio, usano paramenti, abiti, distintivi che fanno comprendere la loro vicinanza a Dio, ma la vicinanza a questo Dio di amore che si fa servizio per gli uomini si ha soltanto mediante il servizio. Per cui chi comanda, chi si mette al di sopra degli altri, chi si distingue, anche se apparentemente, illusoriamente, può sembrare più vicino a Dio, è inaccessibile a Dio perché l’accesso a Dio si ha soltanto attraverso l’amore,il servizio …e oggi vedremo la password: Amore, servizio. E’ l’unica maniera.
L’evangelista sottolinea il contrasto. Mentre Gesù aveva scritto nel prologo di Giovanni: venne tra i suoi e i suoi non lo accolsero, egli accoglierà i suoi, quelli che accettano il suo amore. Questa immagine di Gesù non vuol dire che c’è qualche lontananza tra il Padre egli uomini, ma soltanto fusione e comunione. Il Padre come abbiamo detto chiede di essere accolto e di fondersi con le persone.
v.4 E dove io mi incammino, voi conoscete la via. Mentre prima l’evangelista ha adoperato il verbo andare e il verbo tornare, adesso adopera un altro verbo tradotto con il camminare che indica l’entrata in uno stadio definitivo, cioè la sfera divina dalla quale Gesù continuerà ad attrarre, ad agire, attraendo i suoi discepoli. Questa sfera divina non è una realtà che è esterna all’uomo, ma profondamente interiore. Si tratta di liberarla affinché si manifesti irradiando amore su amore. Il Dio della religione è un Dio lontano, un Dio distante. Il padre di Gesù è un padre che chiede di prendere dimora nell’intimo delle persone e in ognuno di noi c’è questa presenza. Sta a noi renderla manifesta, come? Attraverso atteggiamenti d’amore e di servizio, tanto più siamo umani, tanto più Dio manifesta la sua presenza in mezzo a noi. Ed ecco allora a questo punto
v.5 Gli dice Tommaso: Signore non sappiamo dove ti incammini, come possiamo conoscere la via, questo cammino senza ritorno? Quindi Gesù ha adoperato il termine che indica l’entrata in uno stadio definitivo, Tommaso è sconcertato e vuole capire perché per lui la morte era la fine del cammino, intuisce che c‘è qualche novità che per ora non riesce a comprendere. Ed ecco l’affermazione importante di Gesù che ci fa comprendere il nostro tema della libertà.
Gli dice Gesù. Io sono. Io sono non è soltanto la prima persona del verbo essere, è il nome di Dio. Dio si è manifestato attraverso questa formula, Io sono. Quindi Gesù rivendica la condizione divina:
Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.
Quindi dopo la premessa del nome divino, Io sono, segue la triplice definizione di Gesù come via, come verità e come vita. Il primo di questi tre aspetti, la via, e il cammino è un termine dinamico che suppone una meta. Quindi è importante: la comunione con Gesù non si ha rimanendo nella posizione statica, di adorazione statica, ma dinamica di cammino. Questa meta conduce al Padre quindi Gesù non si presenta come una realtà statica da adorare, ma come un cammino da percorrere in un crescendo di verità e di vita.
Poi Gesù afferma dopo Io sono la via, la verità,la vita . E’ importante sottolineare che Gesù non dichiara, e forse lui era l’unico che poteva permettersi di farlo, di avere la verità, ma di essere la verità.
Prima abbiamo visto che nel discorso con Nicodemo, la verità si fa, poi nel vangelo si parlerà anche di camminare nella verità e qui Gesù dice di essere la verità. Cosa significa questo? Quanti pretendono di avere la verità tendono in base a questa loro pretesa di giudicare gli altri e separarsene in base all’ortodossia della loro dottrina. Se io ho una verità e voi non accettate questa mia verità io vi giudico, vi condanno e mi separo da voi. Quindi non c’è nulla di più pericoloso di pensare di avere la verità, un possesso, una dottrina. Qui Gesù dice che lui è la verità. Quanti sono nella verità significa che vengono coinvolti nello stesso dinamismo d’amore divino con il quale il Padre mette a servizio la sua potenza d’amore agli uomini per comunicare vita.
Allora mentre chi ha la verità in base alla verità che possiede, giudica, si separa dagli altri,
chi è nella verità viene inserito nello stesso dinamismo d’amore di Dio con il quale il Padre comunica vita agli altri. Mentre la prima separa, la seconda avvicina tutti. Non importa cosa credi, credi o non credi, non importano le tue idee religiose, non importa: l’amore che si fa servizio rende vicino a tutti quanti. Quindi mentre la dottrina separa, le opere d’amore uniscono e avvicinano a tutti. E’ la vita!, questo cammino della verità poi conduce alla pienezza della vita quella che è indistruttibile.
E continua Gesù che ci fa comprendere ancora meglio questa sua espressione.
16 . Se voi mi conosceste anche il Padre conoscereste, fin da ora lo conoscete e lo avete veduto(attraverso la mia persona) Come fa Gesù ad affermare che hanno veduto il Padre? Ricordate poi quella domanda che farà Filippo, mostraci il Padre e basta, eppure Gesù dice qui al v. 7: Se voi mi conosceste anche il Padre conoscereste, fin da ora lo conoscete e non dice lo vedrete, ma lo avete veduto. Dove è che lo hanno visto?
Quindi può sembrare strana questa espressione di Gesù, loro conoscono Gesù uomo il profeta della Galilea, probabilmente conoscono il messia atteso, ma fanno difficoltà a percepire nell’uomo Gesù la pienezza della condizione divina. Per loro, del resto come purtroppo anche per noi, Dio è una entità completamente separata dagli uomini, distante da loro che si possa manifestare nei limiti di un uomo, una creatura umana, questo è incomprensibile ed è inammissibile.
Condizionando la conoscenza del Padre alla sua, Gesù che si è definito la via fa comprendere che questa conoscenza è dinamica e continua e porta a un processo di pienezza vitale. Più è autentica l’adesione a Gesù e più grande è la possibilità di conoscenza del Padre.
Ma torniamo alla domanda che abbiamo fatto, stranamente Gesù non parla di questa esperienza come un atto futuro, conoscerete il Padre, ma del passato. Il verbo veduto che adopera l’evangelista non indica la vista fisica, ma una esperienza interiore, quindi Gesù non sta parlando di una promessa futura, ma di una esperienza presente. Ma dove e come, hanno veduto il Padre, cioè hanno fatto questa esperienza del Padre? Nella lavanda dei piedi. Tutto si poteva immaginare come esperienza del divino, per quello che noi immaginiamo Dio, tranne che Dio si rendesse visibile in un lavoro di un servo, nel lavoro più sgradito.
Era un lavoro nel quale erano obbligate le persone considerate inferiori nei confronti dei superiori: era obbligato a lavare i piedi il figlio al padre, la moglie al marito, il discepolo al maestro, quindi era un lavoro degradante, eppure Dio quando si deve manifestare come si manifesta? In un lavoro da servo. Quindi nella lavanda dei piedi Gesù ha mostrato chi è Dio: amore che si fa servizio. Questo è il Padre che loro hanno visto ad opera nel Figlio che fa quello che vede fare il Padre. Allora tornando alla conclusione di questo nostro itinerario, la verità vi farà liberi, questa verità che permette una crescente, continua libertà con la nostra collaborazione, con il nostro impegno, non è una dottrina, ma mette la nostra vita in sintonia con l’onda d’amore con la quale il Padre continuamente crea e comunica vita agli altri attraverso opere che comunicano vita e che si esprimono attraverso il servizio. Questo è l’invito di Gesù. Naturalmente l’invito è offerto a tutti, ma non a tutti è possibile accoglierlo non perché non rientri nelle possibilità di ognuno, ma perché, l’abbiamo visto ieri, passa attraverso la croce cioè la perdita della propria reputazione, e la perdita della propria reputazione è la condizione importante perché questa libertà diventi piena.
Abbiamo accennato, ma quando questa libertà entra in conflitto con la propria coscienza che cosa si segue? C’è nel cap. 9 di Giovanni dopo che Gesù, lo abbiamo visto nel discorso, prima scappa via dal tempio perché gli lanciano le pietre, Gesù incontra un cieco dalla nascita, Gesù gli restituisce la vista. Ma iniziano tutti i guai per quel poveretto perché quel giorno era sabato. Allora le autorità religiose vogliono convincere il poveretto che per lui sarebbe stato meglio rimanere cieco piuttosto che acquistare la vista da parte di un peccatore. Loro sanno tutto: sappiamo che questo uomo è peccatore. Ebbene, qui c’è un conflitto tra la dottrina, quella che ti forma la coscienza e l’esperienza dell’individuo.
Al che l’individuo in maniera, almeno mi sembra molto ironica, addirittura comica lo presenta l’evangelista, quando le autorità lo vogliono costringere ad ammettere: per te era meglio restare cieco piuttosto che acquistare la vista per opera di un peccatore, l’ex cieco dice: io di teologia non ci capisco, so che prima non ci vedevo, adesso ci vedo, a me va bene così.
L’evangelista, attenzione, noi ridiamo, ma l’evangelista ha innescato una bomba: la propria esperienza è più importante di qualunque dogma, di qualunque dottrina, di qualunque insegnamento religioso. Se a te questa esperienza fa bene e fa star bene questo è quello che conta. Ma la legge dice … ma la dottrina … non importa, io sto bene!
Capite che questo crea allarme in qualunque situazione religiosa. Allora non c’è più una regola, non c’è più una morale, non c’è più una dottrina che sia valida per tutti! Allora è la persona, in base alla propria esperienza soggettiva che dice quello che è bene, quello che è male? Questa la pericolosità portata da Gesù, una pericolosità che poi come abbiamo visto è durata poco perché poi tra il terzo e il quarto secolo il messaggio di Gesù è stato annacquato, è stato manipolato. Per fortuna stiamo vivendo tempi stupendi nella storia della chiesa e cerchiamo di portarli avanti.
CONCLUSIONI per l’eucarestia domenicale
1.Ecco Gesù, il figlio di Dio e Dio lui stesso che si fa pane e spezza la sua vita per ognuno di noi perché quanti ora lo accolgono, lo assimilano e sono capaci a loro volta di farsi pane, alimento di vita per gli altri diventino anche questi figli dello stesso Dio. Questi la chiesa li proclama felici, beati perché sono invitati alla cena del Signore e ora noi rispondiamo a questo invito con le parole che disse Pietro a Gesù: Signore da chi andremo, tu solo hai parole di vita eterna.
Ringraziamo ancora il Signore: o Padre, questo sacramento d’amore che abbiamo ricevuto fiorisca in noi attraverso forme nuove, originali, inedite di misericordia, di compassione, di perdono e di condivisione.
2.Preghiera conclusiva La certezza che Dio è il nostro Padre, che noi siamo frutto di un progetto straordinario d’amore e che il Padre ci tiene a realizzare questo progetto e che per questo il Signore tutto trasforma in bene: lui fa sì che le pietre che incontriamo nella nostra vita si trasformino in pane che ci alimenta.
Ebbene la certezza di tutto questo, l’esperienza di questo Padre che non solo viene incontro ai nostri bisogni ma addirittura li precede, un Padre attento anche agli aspetti minimi, insignificanti della nostra esistenza, ebbene tutto questo non può che far scaturire dal nostro intimo più profondo, un crescendo pieno e traboccante di gioia, di serenità e di felicità.
Di questo ringraziamo DIO PADRE che ce lo ha fatto conoscere attraverso GESU DI NAZARETH.
Chiesa di san Rocco: agosto 2018