Giovanni 2, 13-25

“SCACCIO’ TUTTI DAL TEMPIO”: PURIFICAZIONE O ELIMINAZIONE DEL TEMPIO?

 

La prima opera di Mosè, secondo l’Esodo, dopo l’alleanza con Dio, fu di costruire “una tenda della presenza di Dio” in attesa di un santuario vero nella nuova terra promessa: “Essi mi costruiranno un santuario e io abiterò in messo a loro” (25,8).

Secondo Giovanni, la prima cosa che Gesù di Nazareth fa dopo le nozze di Cana, in cui si fa conoscere con alcuni discepoli, è  l’eliminazione del tempio e di chi lo gestisce (Giovanni 2,13-22). Perché?

Un figlio che riconosce Dio come Padre non ha bisogno di un luogo specifico per incontrarlo, né di mediazioni, né di cerimoniali, gli basta rivolgersi a lui.

Quindi Gesù dà l’idea che intenda liberare il suo popolo dal tempio, dalla legge e dal culto.

Cronaca dei fatti: Gesù, con il gruppo di discepoli, lascia la Galilea e si dirige al cuore dell’istituzione religiosa, Gerusalemme, città santa, sede del tempio considerato casa di Dio.

La “Pasqua dei Giudei” è l’occasione. Il termine usato non è comune perché nell’Antico Testamento si parlava di “Pasqua del Signore” (Esodo 12,11-48).

Questo termine lo usa perché ormai la Pasqua è in mano ai capi religiosi (i giudei), serve per i loro benefici, il loro potere e, per questo, tentano in ogni modo di impedire l’esodo che  Gesù propone, la liberazione dalla cappa della religiosità opprimente e dallo sfruttamento commerciale del fatto religioso che il vangelo definisce ”il peccato del mondo”.

Proviamo ad analizzare i fatti storicamente conosciuti. Durante la Pasqua Gerusalemme accoglieva oltre 100.000 pellegrini (quanti gli abitanti stabili e forse anche di più) che venivano ad “immolare nel tempio l’agnello o un animale pasquale” (Esodo 23,14-17). Gli agnelli da immolare avevano caratteristiche particolari: erano maschi, senza difetti e venivano acquistati vicino al tempio, sulle colline di Gerusalemme e del Monte degli Ulivi. L’appalto era dato alla famiglia del Sommo Sacerdote. La città diventava tutta una macelleria ed a pagare era il pellegrino che era letteralmente “sacrificato” e spennato .La festa ed il tempio erano fonte di arricchimento del clero e sfruttamento del popolo. Ormai si era costituita una prassi indiscutibile.

Molti profeti avevano denunciato il culto del tempio come occasione di sfruttamento estraneo alle richieste di Dio “Che mi importa dei vostri olocausti, sono sazio del grasso di montoni e degli agnelli …. Smettete di presentare offerte inutili …..” (Isaia, Amos).

Gesù si presenta in questo ambiente e subito genera conflitto: entra nel tempio, trova solo commercio e niente gente in preghiera “venditori di buoi, pecore, colombe, cambiavalute stabilizzati ….” (Giovanni 2,14). La sua reazione è tremenda ed inattesa “Si fa un flagello di cordicelle, scaccia tutti dal tempio, …. rovescia i tavoli….” Non colpisce i peccatori, gli esclusi dal tempio, ma i sacerdoti, gli addetti che sono l’anima stessa del tempio. E’ – diremmo – contro il sistema economico del tempio, lo sfruttamento di posizione.  Ma, direi, ancora di più: non vuole purificarlo, ma eliminare il tempio ed il commercio del tempio.

Già i profeti volevano purificarlo, ma nessuno metteva in dubbio che dovesse esistere, volevano “ridargli l’antico splendore, anche religioso”, riabilitare il luogo.

Gesù va oltre: anche questo tipo di culto è inadeguato  e propone una nuova alleanza, in cui Dio non chiede sacrifici, ma l’accoglienza del suo amore gratuito.

Il tempio di Dio ora è il Cristo: Dio non abita più templi costruiti da mano di uomo. Non si lascia servire come se avesse bisogno di qualcosa: è lui che serve, “dà a tutti il respiro, la vita ed ogni cosa.” (Atti 17,24).

Scaccia tutti dal tempio. Rivolge, però, il suo rimprovero solo ai venditori di colombe (sacrifici che potevano acquistare i poveri) e dice “togliete queste cose, non fate della casa del Padre una spelonca di ladri!” (Giovanni 2,16).

Era stata accreditata l’immagine di un Dio rapace, sfruttatore anche dei poveri, dei deboli.

I responsabili del tempio colgono bene il suo segno e gli chiedono “Che segno ci mostri per accreditare queste cose che fai?” (Giovanni 2,18), chi ti manda?

Ridarà la vita agli oppressi del popolo (affamato, cieco, infermo), ma con questo colpirà solo gli oppressori.

Un aspetto poco sottolineato è questa alleanza tra il potere religioso e politico, tra il tempio ed il governo invasore. Restituire la dignità al popolo è anche liberarlo dal dominio delle autorità religiose che si chiedevano “Che cosa facciamo? Se lo lasciamo continuare tutti crederanno in lui…” (Giovanni 11,47-48). Alla richiesta dei segni risponde “Disfate questo tempio e in tre giorni lo rialzerò(Giovanni 2,22). I capi non comprendono che parla di sé, del suo corpo, della vita oltre la morte.

Però come si fa a pregare senza tempio? I discepoli stessi non capiscono. Pensano tutt’al più al messia come uno “zelota” (zelante) che combatte contro gli invasori romani, che stermina i “nemici di Dio”, come Elia che con zelo “li ridusse a pochi”. Questo al massimo è il messia che vogliono anche i discepoli , uomo di Dio che con la violenza appaghi la frustrazione loro e della gente umiliata dagli invasori. Questo potrebbero accoglierlo, lo appoggerebbero anche i farisei e “i capi religiosi”.

Ma lui ha in mente un altro progetto di “Regno di Dio”: non di dominio, ma di servizio gratuito. Per questo fa a meno del tempio ed indica nelle persone , nella loro “carne” il tempio vivo di Dio.