I SACRAMENTI “SIMBOLI (SMARRITI)DI LIBERTA”
Oggi, di fatto, i SACRAMENTI sono cerimonie religiose regolamentate in modo minuzioso e tassativo. Tutto, assolutamente tutto, è previsto dalle leggi religiose, in particolare dal codice di diritto canonico.
Nel realizzare e ricevere i sacramenti si devono osservare i riti e le cerimonie prescritte nei libri rituali approvati dalla chiesa (canone 733,1).
Sono tutt’altro che vissuti come simboli di libertà, bensì come un insieme di obblighi che il credente deve compiere se vuole “essere a posto con Dio”. Queste regole “obbligano” strettamente in coscienza sia chi li dà sia chi li riceve.
Così la teologia cattolica in particolare il codice di diritto canonico.
Quando un credente riceve o sceglie un sacramento “adempie ad un obbligo”; il cristiano medio vive il sacramento come esperienza di costrizione, non come esperienza di libertà.
Ci poniamo due domande.
- In che consiste l’esperienza cristiana di Gesù Cristo attraverso questi segni? è esperienza centrale per i cristiani?
- I sacramenti sono simboli, espressione delle nostre esperienze profonde? Le persone come li vivono?
Direi che oggi i sacramenti sono simboli che hanno smarrito il loro senso, che non esprimono più quello che dovrebbero.
La libertà: è così importante? E’ un problema chiave?
La libertà è presentata, di solito, come origine del male del mondo (v. peccato originale) e viene ancora vissuta come fonte del male, pericolo da tenere sotto controllo, da addomesticare.
La paura di fronte alla libertà è stata ben organizzata: è uno dei pilastri della cultura cattolica e della nostra società che, dopo aver dato alla persona la libertà da costrizioni esterne (l’ha resa indipendente ,la fa scegliere se aderire o no alla religione ), poi se la riprende, bloccando dall’interno la piena realizzazione della libertà personale (“coscienza”, opinione pubblica, senso comune, paura di essere diverso).
Vi è un conflitto tra desiderio di libertà e paura di libertà: aspirazione e peso della scelta ,responsabilità.
La gente, forse, teme la libertà perché, forse, teme la solitudine, l’isolamento, l’insicurezza. Si sente, oggi, più insicura perché sente sgretolarsi lo stato, la politica, la famiglia, l’economia, la finanza ,perde il lavoro e questi fattori hanno esercitato un senso contrario alla liberazione della vita dei cristiani che preferiscono una chiesa che detta regole, dà
sicurezza, libera dalla responsabilità. Il pesante fardello delle pratiche religiose “obbligatorie” diventano più sopportabili che la libertà.
Quale strategia ha adottato la Chiesa cattolica?
Ci interessa sul piano religioso: come la Chiesa controlla i credenti?
Dà un canone di riferimento (731, codice diritto canonico) dichiarando: i sacramenti sono istituiti da Cristo, tutti, e sono i mezzi di salvezza privilegiati, quindi dobbiamo amministrarli e riceverli con fedeltà ed esattezza. Sono “mediazioni” stabilite da Cristo attraverso cui passare se si vuole arrivare a Dio. Quindi
- sono obbligatori
- attraverso il sacramento viene trasmessa la grazia di Dio. L’amore, cioè, passa per la legge che è mediazione importante per la grazia
Chi lo fa riceve una coscienza di pace per il “dovere compiuto”, anche se l’obbligo è pesante. L’istituzione opera in modo da farsi amare ,in modo da diffondere la sottomissione e la legge che impone i sacramenti diventa una specie di idolo; si pensa che tanto più c’è sottomissione più c’è sicurezza, amore di Dio, grazia, che portano pace e tranquillità.
“Ho fatto tutto quanto mi è richiesto e sono sereno!” si dice.
I PROFETI VENGONO SCALZATI
Quando le regole, le leggi occupano il posto privilegiato, centrale nella relazione uomo-Dio diventano mediazione necessaria, sono al centro della vita religiosa. Vince il modello farisaico.
Furono i farisei (2° secolo A.C.) il movimento che incarnò questa esperienza. Le loro radici sono negli ASIDEI (Hasidim ebraici) poi si chiamarono “separati” o farisei.
L’origine remota è in Esdra (5° secolo A.C.) che collocò la legge ritrovata al centro della vita del popolo ebraico, che riuscì a convincere il popolo che l’azione dei profeti era stata un fallimento. Convince il popolo che si sente “diverso” dagli altri, è particolare, “eletto” cioè superiore e ne fa il “popolo della legge” con al centro Mosè legislatore. Da questo momento è “la legge” che fissa le caratteristiche del popolo ebraico.
Identifica la “rivelazione di Dio” con la legge: la cosa più grande è sottomettersi, osservarla. La “Torà” è, dunque, il centro delle relazioni uomo-Dio.
Nessuna libertà nell’applicarla: era fissata da una legislazione. La funzione dei rabbini (maestri di legge) era di dare l’interpretazione in modo tale che sostituisse anche la legge quando vi erano controversie. Era, infatti, più importante il parere dei rabbini che la legge stessa.
E la coscienza religiosa viene diretta da fuori.
Legge: non era scritta in base all’autodeterminazione della persona, ma in base ad una norma scritta, codificata. In questa vita, determinata da leggi molto specifiche, il principio era sottomettersi, osservare la legge di Dio che è sicura.
In linea di principio nulla da obiettare :è sensata, ragionevole.
Derivano però quattro conseguenze particolari da questa scelta:
- La coscienza si concentra sull’idea di rispetto e trasgressione, giusto ed ingiusto.
- La coscienza si orienta sul merito(e non sul dono) che segna “l’atto giusto che accresce il merito.
- La trasgressione di “leggi” piccole o grandi ha lo stesso valore, le cose piccole o grandi hanno lo stesso valore, non vi è gerarchia.
- Una coscienza formata sulla legge (religiosa) finisce per dare importanza a cose secondarie e così l’amore,il dono di Dio passa in seconda linea, la persona diventa incapace di amare.
L’amore diventa rischioso, mentre l’osservanza della legge è sicura, gratificante e viene fuori la coscienza legalista che ha almeno tre caratteri:
- tormentata, tutta centrata sulle trasgressioni, vive inquieta
- egoista, orientata solo al merito, alla ricerca di sicurezza, facendo azioni “secondo la legge”, ma quando sbaglia diventa scrupolosa
- falsata, cose piccole e principali sono sullo stesso piano, ma amore e giustizia passano di fatto in seconda linea.
La storia ci insegna che la gente molto “religiosa” ed osservante si attacca a cose di nessuna importanza vitale, come preghiere precise, digiuni, osservanze rituali (“primi venerdì”,santuari delle madonne o dei santi ,il gruppo di Medjugorie…), ma trascura di amare il prossimo.
Le cose essenziali restano fuori. La legge dà sicurezze, non ci sono esperienze di fede profonde. Si celebrano eucaristie perfette, ma nelle quali nessuno si ama veramente.
ESPERIENZA DI FEDE E’ ESSENZIALE
E’ l’esperienza dell’amore: di Dio per l’uomo, dell’uomo che accoglie Dio e trasmette l’amore agli altri uomini come lo ha ricevuto. Anche se questo ha delle ambiguità.
Molti praticanti associano l’esperienza dell’amore all’esperienza di rispetto della legge (obbedita ed osservata) per cui l’amore non è legato all’esperienza della libertà, ma all’obbligo gratificante e rispettoso di leggi e regole. E sono coscienti che osservando le regole stabilite si sentono tranquilli. Un esempio: le chiese dove i riti “religiosi” non sono osservati a puntino sono nell’occhio del ciclone della gerarchia, , invece, una chiesa dove c’è gente povera, in difficoltà, e non si mette in pratica il comandamento dell’amore, non corre rischi, salvo che i media amplifichino il problema e creino scalpore.
E’ in questo fariseismo pratico che fu invischiato Gesù di Nazareth.
Gesù ha violato di proposito le leggi religiose: ha cambiato il brano della lettura di Isaia 61 , lo ha tagliato, non ha osservato la festa, non ha tenuto conto della purità legale, ha toccato i lebbrosi ,ha pranzato coi pubblicani,con le prestitute….
Paolo ha difeso la libertà tanto da essere accusato di immoralità (Romani 3,8). Ha visto una stretta relazione tra croce e libertà cristiana, tra diritto di non circoncidere i pagani e libertà cristiana.
La circoncisione era il rito che legava l’uomo alla religione ebraica. Accettare, invece, la libertà cristiana è lo stesso che accettare la persecuzione per amore di Cristo crocifisso. Sarà l’analisi della dottrina di Paolo sulla “libertà dalla legge” che ci darà la risposta.
LEGGE CONTRO GRAZIA
Libertà cristiana non è ignorare norme, ma cambiare lo spirito con cui si devono osservare, l’atteggiamento del cristiano nell’adempierle.
Per molti, ancora oggi, obbedire a Dio si misura dalla fedeltà alle regole, alla “legge religiosa”. E’ giusto questo modo di interpretare il vangelo?
Paolo insegna che Cristo è venuto ad abolire la legge, il peccato, ma restando sotto la grazia. Il peccato non vi dominerà più perché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia (Romani 6,14).). Questo segna l’uomo di fede :tra legge e grazia vi è opposizione netta.
Legge e peccato sono dunque la stessa cosa per Paolo.
Dirà ancora in 1 Corinti 15,56 “La forza del peccato è la legge”. Tra legge e grazia non ci sono mezzi termini, pretendere di piacere a Dio mediante l’osservanza della legge è mettere tutto per realizzarsi non per realizzare un vero progetto di vita aperto agli altri.
Piacere a Dio per la grazia è impostare la vita sulla condivisione, sul dono di Dio (Romani 3,24). Più ancora vi è incompatibilità tra legge e Cristo: cercare di piacere a Dio con la legge è opporsi alla proposta di Dio.
Per Paolo è chiaro: il cristiano è esente dalla legge che per lui non ha alcun valore. Essa si impadronisce dell’uomo che la osserva, lo domina, ma per il cristiano non esiste più la legge.
La Morte del cristiano avviene con il battesimo (muore con Cristo): capiamo così il parallelismo morire al peccato è morire alla legge, vivere per la legge è vivere per il peccato. Normalmente molti cattolici pensano che vivere senza legge è vivere nel peccato. Per Paolo: chi vuole morire al peccato deve morire alla legge. Chi la osserva, infatti, fino all’ultimo apice è pericoloso e corre il rischio maggiore, è orgoglioso basandosi sull’osservanza della legge. Così erano le pretese dei farisei: il loro orgoglio voleva sottomettere i giudei alle pretese legaliste e rituali.
Chi mette l’impegno di osservare la legge cerca solo la realizzazione di sé che nasconde dietro la parvenza di perfezione. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo era debole e disprezzato, perché nessuno possa gloriarsi davanti a Dio (1 Corinti 1,29). L’orgoglio religioso è il più sottile di tutti i peccati.
LA LEGGE DA’ FRUTTI DI MORTE
Paolo si spinge oltre e dice che il cristiano è radicalmente esente dalla legge religiosa. “Siamo stati liberati dalla legge per servire nel regime nuovo dello Spirito” (Romani 7,6).
Due punti di interesse:
1.la forza con cui Paolo afferma la liberazione dalla legge
2.i frutti che produce l’osservanza legale.
- Paolo dice “Siamo stati liberati dalla legge” (come la donna sposata quando muore il marito) “essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri” (Romani 7,6). E’ una liberazione totale e senza restrizioni.
- Paolo “Le passioni peccaminose …. si scatenano nelle nostre membra fino a portare frutti per la morte” (Romani 7,5).
Chi è libero, invece, produce frutti per Dio (Romani 7,4) attraverso una vita libera dalla legge.
Quindi la liberazione totale dalla legge è, per il cristiano, questione di vita e di morte: se l’uomo si libera dal proprio egoismo libera la proprio vita dalla distruzione, dalla schiavitù ,dalla legge, dal peccato.
Il segno di questa liberazione è il battesimo, sacramento di liberazione dalla legge nel senso più profondo.
CRISTO “TERMINE DELLA LEGGE” (Romani 10,4)
La legge religiosa per l’uomo di fede non esiste più, il “termine della legge è Cristo perché sia data la giustizia a chiunque crede” (Romani 10,4).
Cristo è il punto culminante a cui tende tutto e porta la fine del regime legale. E questo viene dalla fede. “Gli ebrei infatti non si sono sottomessi alla giustizia di Dio” cercando di realizzare la propria legge. Ma legge e fede sono due strade incompatibili (Romani 3,21). Con la venuta di Cristo la legge ha cessato di esistere come mezzo di riabilitazione, l’ha sostituita la fede.
VIVERE PER DIO E’ MORIRE ALLA LEGGE
Partiamo dalla lettera ai Galati, lo scontro Paolo-Pietro (2,11-21).
Pietro ha paura di contraddire chi parteggia per la circoncisione, per la legge, mentre secondo Paolo Pietro non procede secondo il vangelo (Galati 2,14). Paolo dice: “L’uomo non è giustificato dalle opere della legge, ma dalla fede in Cristo” (Galati 2,16), la legge non giustificherà nessuno! E specifica in concreto in che cosa consista la vita del credente “Sono stato crocifisso con Cristo ….. è Cristo che vive in me. Questa vita che vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me …..” (Galati 2,2).
L’uomo che intende vivere per Dio deve liberarsi dalla legge perché è incompatibile con la vita del cristiano. E’ la legge stessa che dice di sé di essere preparatoria, che dice che Dio giustifica circoncisi e incirconcisi e scegliendo la libertà (cioè Cristo) la convalidiamo. In quanto cristiani siamo figli di libertà (Galati 4,31) “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre il giogo della schiavitù” (Galati 5,1).
LA LEGGE E’ UNA MALEDIZIONE
Infatti, sempre la lettera ai Galati, afferma “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge diventando maledizione per noi….” (Galati 3,13).
Secondo il Deuteronomio 27,26, non osservando tutta la legge l’uomo incorre nella maledizione. Quindi Gesù liberandolo dalla maledizione lo libera dalla legge. Gli uomini tutti possono ricevere la benedizione e lo Spirito perché sono liberati dalla legge. Che cosa rappresenta questa maledizione? Chi vive una vita spirituale basata sull’osservanza di norme, regole è tormentato da una malessere profondo, una vita schiacciata da profondo malessere, tormentato in coscienza, perché non riesce ad osservarle tutte con il risultato di vivere schiacciato sotto il peso di una specie di maledizione.
Ma noi non siamo più sotto la legge. Il testo più chiaro “Prima che venisse la fede (in Cristo) eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge …. era per noi come un pedagogo che ci ha condotti a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede… Infatti sarete tutti figli di Dio per la fede in Gesù Cristo” (Galati 3,23-26).
Pedagogo è personaggio ben noto in Grecia. Per noi oggi è un educatore, ma lì non aveva questa funzione. Era limitata nel tempo (durante l’età minore), doveva passarlo agli educatori incaricati, fino all’età adulta. A questo punto 3 conclusioni:
- siamo liberi dalla legge
- la fede è incompatibile con la legge
- era solo repressiva e di comando fino a quando arrivasse alla libertà dell’età adulta.
Qui Paolo presenta , contrappone e dichiara incompatibile il regime di sottomissione alla legge (che funge da “governante”, “bambinaia”) con il regime di libertà che caratterizza la fede.
Quindi i sistemi educativi religiosi che si fondano su un nuovo legalismo con il pretesto di educare alla fede e così alla libertà cristiana (v. Comunione e Liberazione, Opus Dei, molti movimenti e gruppi integristi di fatto ecc,) sono interpretazioni che non hanno nulla a che vedere con Paolo che ha affermato che la missione precisa di Cristo è portare a termine questa liberazione e paragona il fanciullo sotto tutela (del pedagogo) ad uno schiavo: tutti sono dipendenti.
Così contrappone le due situazioni: sotto la legge (Galati 4,1-3) e quella creata a partire dalla venuta di Cristo (Galati 4,4-5). La prima è caratterizzata da un senso di schiavitù; la seconda da uno stato di libertà. Cristo è proprio venuto per questo: liberare gli uomini dalla schiavitù della legge ricevendo la condizioni di figli (Galati 4,5). Vivere da figli è vivere liberi da schiavitù legali e la prova: Dio ha mandato lo Spirito nei nostri cuori ed ora contano le relazioni d’amore con il Padre.
Dove c’è legge, dice Paolo, c’è schiavitù, dove c’è amore, c’è libertà.
UNA LIBERTA’ TOTALE
“Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi … non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Galati 5,1), perché “Chi è schiavo non è in alcun modo cristiano”.
Quanto è ampia questa affermazione di Paolo ai Galati?
Cristo ci ha liberati “in vista della libertà” (Galati 5,1) nel senso di una liberazione universale e assoluta, definitiva restando in libertà completa. Ed allora Legge e Fede sono incompatibili. Chi tenta di utilizzare lo Spirito per “osservare con maggior fedeltà le leggi religiose e le norme ecclesiali sbaglia” perché vorrebbe dire che la legge è la cosa principale. Queste soluzioni a metà non sono buone. Dobbiamo scegliere non armonizzare con la legge la libertà per il vangelo.
Nella prima lettera ai Corinzi, Paolo fa riferimento alla sua libertà personale nei confronti della legge: la libertà del credente si presenta in maniera più profonda, libero anche in relazione alla libertà della legge “Pur essendo libero da tutti mi son fatto servo di tutti …mi son fatto tutto a tutti. Tutto io faccio per il vangelo per diventarne partecipe con loro” (1 Corinti 9,19-23).
L’unica cosa che interessa è che “la buona notizia” (vangelo) “alla fine possa raggiungere tutti” (v. 23). Non importa se in alcuni accessi creino problemi alla “legge”. Vivere libero di poter scegliere come più conviene in ogni situazione, mirando solo al servizio del prossimo e alla causa del vangelo.
Proprio per questo, in certi casi, Paolo non esita ad accettare determinate osservanze legali perché potessero accogliere in linea di principio il messaggio cristiano. Per Paolo, però, la “riabilitazione dell’uomo davanti a Dio deriva dalla fede in Cristo”: non vive nell’anarchia, nel libertinaggio. E’ una libertà responsabile, perché segue la “legge di Cristo” (1 Corinti 8, 1-13).
LA LEGGE FONTE DI DIVISIONI
L’autore della lettera agli Efesini si rivolge a cristiani convertiti dal paganesimo: non avevano messia, erano esclusi dalla cittadinanza di Israele, erano senza speranza e senza Dio.
Paolo dice ”Ora invece in Cristo Gesù voi che un eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Ha abbattuto il muro della divisione …..per creare in sé dei due un solo uomo, per riconciliare tutti con Dio in un solo corpo” (Efesini 2,13-16), Questo muro di ostilità era la legge degli ebrei, per fare di due un solo popolo, ha dovuto annullare la legge e la salvezza è diventata possibile per sola grazia.
BILANCIO NEGATIVO
La conclusione è chiara: in almeno 12 testi in modo non equivoco si afferma che i credenti sono stati liberati dalla legge religiosa, non esiste più la legge del giudaismo rabbinico.
Provo a sintetizzare con alcune citazioni:
- il credente è morto alla legge (Galati 2,19)
- l’unica strada che porta a Dio è la fede (Romani 3,28)
- la fede non è sforzo umano, ma dono di Dio (Romani 3,20)
- come legge e fede sono incompatibili, così Spirito e legge (Galati 5,16-18)legge e grazia sono due realtà contrapposte: l’uomo che vuole vivere per Dio deve vivere libero dalla legge (Galati 2,19)
- chi è libero dalla legge porta frutti per Dio (Romani 7,4), chi vive sotto la legge porta frutti di morte.
Sappiamo che Cristo è morto in croce condannato come malfattore per liberare gli uomini dalla legge e dall’inimicizia tra loro.
Le guerre di religione e le persecuzioni tra religioni provano in modo chiaro che la legge religiosa è fonte inesauribili di conflitti.
L’unica base di tutto per il cristiano è il Vangelo. Il Vangelo ci chiede anche di salvare la fede del “debole” senza far sorgere nuovi problemi.
Non vi sono poi testi nei quali Paolo ammetta la sopravvivenza della legge o la sua validità.
Questi testi (3,31; 7,12,14-16; 8,1-4) sono solo una apparente contraddizione. Mai viene smentito il principio che i cristiani sono liberati dalla legge. Li affronteremo in un altro momento per approfondirli.
QUALE E’ IL SENSO DELLA LIBERTA’ CRISTIANA?
Cristiano è “uomo senza legge”? No, ma è di una” legge” nuova e diversa :la legge dell’amore . Paolo ha predicato la libertà dalla legge perché ha capito che questa è la strada migliore per vivere e seguire Cristo, accettando le esigenze della croce.
Già in linea con questo Geremia 31,33 “Porto la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo”. Legge di Cristo è: qualcosa che porta in sé, è impressa nell’essere di ogni persona, è un’esigenza che scaturisce dentro.
Per esprimere ciò Paolo parla di “legge dello Spirito”(Romani 8,2) o di “legge di Cristo” (Galati 6,2).
La “legge dello Spirito di vita” si contrappone a legge del peccato e della morte. Non tanto legge quanto regime, situazione in cui si trova l’uomo, il regime dello Spirito che dà vita. Paolo la chiama legge perché sostituisce una legge.
L’antica legge basata su codice scritto, interpretato dagli scribi , conduce alla morte :questa invece comunica vita (2 Corinti 3,6-9).
Il cristiano vive in una nuova situazione che ha un’esigenza di fondo: l’amore del prossimo (Galati 6,2). La legge è praticarlo, portare i pesi l’uno dell’altro, avere questo alla base dello stile di vita.
La vita morale si realizza e si esprime nell’amore agli altri “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole”. Infatti i precetti si riassumono in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso….. Pieno compimento della legge è l’amore” (Romani 13,8-10). Tutto il resto non serve a nulla.
E’ l’amore anche “compimento della legge civile” (Paolo dice “altra legge” di cui ha appena parlato in Romani 13,1-7). Infatti l’amore agli altri porta a compimento tutti gli obblighi: le relazioni con Dio, con i fratelli, con la società di ogni ordine. Cioè è compimento e sintesi della legge e ci sembra impossibile che gli uomini vivano liberati da tutte le leggi.
Questo, per Paolo, ha tre conseguenze
a)la fedeltà alla legge sfocia nel legalismo e chi ne fa l’arma davanti a Dio finisce per cadere nell’orgoglio in modo ipocrita, facendo della legge un idolo
b)abbracciare la libertà cristiana è abbracciare la croce: la persecuzione e la sfida di costruire fin d’ora il regno di Dio che ha dei costi elevati
c)è vivere l’amore e le sue esigenze fino alle conseguenze ultime. Questa “legge” dipende dal grado e dalla dose di amore sincero, di bontà senza finzioni che uno ha nei riguardi delle persone con le quali si trova a vivere.
Paolo non ha mirato a fare leggi necessarie per organizzare la convivenza, ma affermare quale deve essere il comportamento nella comunità di fede. Chi decide per questa strada deve essere anche buon cittadino di una società più umana e coerente.
LA NORMATIVA DELLA CHIESA E’ COERENTE?
Gli apostoli hanno preso delle decisioni, dato ordini alle comunità. Si può parlare di un certo diritto? E fino a che punto sono liberati dalla legge di cui abbiamo parlato?
Distinguiamo legge da esortazione, nessun testo del Nuovo Testamento dice che gli apostoli dettarono leggi alle comunità (non si usa neanche il verbo “antellesthai”, dare ordini, o keleouzin, comandare, ma “parraggellein” (trasmettere), poi usa “paraklesis” (esortazione), tre volte, però, usa “diatasso” (1 Corinti 7,17; 11,34; 16,1): ordinare, esprimere volontà.
Questo non significa dettare, imporre una legge, ma rivolgere indicazioni per fare la volontà di Dio. Chi esercita un dominio tiene sottomesso, qui invece a tutti. la proposta chiede corresponsabilità a tutti. Nelle comunità primitive non è esistito un diritto sacro, giuridico. La comunità primitiva non possedeva regole di diritto sull’associazione, la disciplina, l’amministrazione, ma avviene che attraverso l’azione di Paolo e della comunità lo Spirito agisce e si vede un certo ordine nelle comunità.
I sacramenti, dunque, sono simboli di libertà e di amore?
Oggi hanno cessato di esserlo. Davanti alla gente sono diventati “simbolo di obbligo”, di costrizione. La maggioranza frequenta perché c’è “obbligo”: messa la domenica, confessarsi in certe occasioni, battezzare i figli. Ogni sacramento è un “obbligo” e crea degli obblighi : così li vive la gente che li deve adempiere per sentirsi in pace. La gerarchia ha paura che la gente adulta se lo risolva in piena libertà di coscienza.
Questo per evitare il calo allarmante della frequenza a messa o ai sacramenti (matrimonio in questi ultimi anni ridotto in Italia a 2 su 10).
Restano simboli di sottomissione, “strumento di dominio delle coscienze”. Pensiamo quello che era avvenuto con la confessione (o la penitenza) o al “battesimo dei bambini” che non si è lasciato libero. Le chiese vogliono determinare il loro influsso e usano ogni mezzo per influire, comandare, dominare ed ha fatto passare il fatto che “la gente praticante è contenta di praticare, i riti che vengono imposti perché si crede di trovare in questo la sua salvezza”.
Le “chiese” (autorità ecclesiastiche) sono persuase che la fede non basta, che c’è bisogno di leggi religiose che non sono avvallate dal Nuovo Testamento (codice di diritto canonico così come oggi si esprime).
L’autorità ecclesiastica sembra convinta che non bastano relazioni di fede, ci vogliono anche relazioni di obbligo, di sottomissione. Vuole con questo accordare due principi o dinamismi: della fede e della legge e la conseguenza è la confusione che si sente a livelli di coscienza individuale e collettiva.
Si potranno recuperare i sacramenti simboli smarriti?
Solo con esperienze di libertà vissute insieme dai fedeli.
Quando i cristiani partecipano in assoluta libertà, i sacramenti sono capaci di esprimere l’esperienza della nostra fede in Cristo.
La fede è libertà di fronte ad ogni legge. Solo a partire da questo le nostre celebrazioni potranno recuperare il vero significato.
Fredo Olivero,san rocco ,Torino 2017.2
Nb Queste riflessioni ,durate diversi anni, sono frutto di una sintesi libera ispirata alle conferenze e al libro di José Maria Castillo “Simboli di libertà ,analisi teologica dei sacramenti”, Cittadella editrice,1983.