Il peccato seguendo i vangeli di Gesù (Giovanni)

Il “senso del peccato” ce l’abbiamo dentro e diciamo sovente, “peccato!”, per dire tutto quello che non va.

Nei vangeli, se guardiamo con attenzione, il posto del peccato è marginale,

 invece nell’Antico Testamento se ne parla molto. Gesù non ne fa un argomento centrale, a lui importano le sofferenze e i bisogni delle persone.

Prendiamo come linea di approfondimento il capitolo 9 di Giovanni: il fatto del cieco nato, con tutti i suoi contorni, in particolare le verità che contiene.

Gesù “passando (cap. 9,1) vide un uomo cieco dalla nascita”. Gesù era appena sfuggito al tentativo di lapidazione a Gerusalemme, nel luogo sacro per eccellenza.

Dice Giovanni, “Allora essi presero delle pietre per tirargliele, ma Gesù si nascose ed uscì dal tempio” (fine cap. 8). Potremmo dire che Gesù ed il tempio sono incompatibili.

E fuori incontra le persone cui la legge impedisce di entrare nel tempio (e i ciechi erano una di queste categorie), poi tutti quelli considerati impuri.

(v.2) “I suoi discepoli lo interrogarono dicendo: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori perché egli nascesse cieco?” Viene dal problema del male la lettura della malattia come proveniente dal peccato. I discepoli sono sicuri che fosse colpa dei suoi genitori (essendo cieco dalla nascita).

Come nasce questa lettura? Dal problema irrisolto del male: perché nel mondo c’è il male? Il male degli innocenti come si può spiegare?

Le religioni” primitive” avevano risolto il dilemma con una doppia figura di Dio: un Dio buono autore della vita, un Dio cattivo che provocava malattia e morte.

L’ebraismo unifica Jahvè in un unico Dio: quindi tutto quanto avviene è opera sua! Questo fino a Giobbe (2,10) che dice ancora “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare il male?” Poi “Jahvè ha dato, Jahvè ha tolto …. sia benedetto il nome di Jahvè” (1,21).

In seguito il male che ha come fonte Dio venne eliminato (e ricordiamo il racconto, la parabola del peccato delle origini di Adamo ed Eva nel Genesi, che cerca di farlo derivare da una scelta umana) e il male diventa, allora, il castigo che Dio ha mandato per le colpe degli uomini. E’ una spiegazione non scientifica, ma chiara: stai male? E’ Dio che si vendica del peccato, anche per quattro generazioni.

Ma questo non poteva reggere.

Giobbe prima, nel testo di grande efficacia, poi Ezechiele (18,20) dice “La persona che pecca è quella che morirà, il figlio non pagherà il peccato del padre!” Dio si vendica, ma solo sul peccatore diretto, ed è già un progresso! Anche per la cecità – considerata una maledizione di Dio, non solo una malattia perché impedisce di leggere  la scrittura, lo studio della legge : se esiste il male quindi  è perché io ho peccato, e, quindi, arriva un castigo di Dio.

Poi vi è un altro aspetto della religione, dove si sviluppa il tema del peccato: l’avidità dei sacerdoti del tempio, la casta di ieri al potere. I sacerdoti, in Israele, si litigavano tra loro per avere le pelli degli animali, la carne dei sacrifici (v. Samuele 2,13): mentre la carne cuoce, se la contendono con un forchettone e la tiravano su dalla pentola.

Era la grande avidità di spartirsi queste offerte. E, allora, più si peccava più si manteneva il flusso dei sacrifici al tempio, perché la pena era “2 capre, 2 galline, dei piccioni …. dei tori, dei vitelli”.

I sacerdoti avevano reso la legge che colpiva il peccato funzionale ai loro interessi rendendo la legge impraticabile in modo che le persone, anche brave, si sentissero sempre in colpa e, per essere perdonate, dovevano offrire sacrifici.

Osea  (4,8) dice addirittura dei sacerdoti “essi si nutrono del peccato del mio popolo”.

 

GESU’ E IL SUO TEMPO

Gesù si trova in questo panorama: che cosa risponde?

Di fronte al cieco dalla nascita: i discepoli  imputano la cecità dalla nascita ai parenti: è una disgrazia che  arriva da qualche colpa degli antenati. Noi oggi diciamo (e ieri Gesù): Perché proprio a me? Che cosa ho fatto per meritarmelo?

Gesù dice (v.3) “Né lui ha peccato né i suoi genitori”. Rilegge il capitolo della Genesi e dice: peccato e malattia non sono collegati, esclude categoricamente il rapporto causa -effetto.

E propone il “paradiso terrestre” (mondo di pace, armonia tra uomo e donna, uomo e natura) non come un rimpianto (paradiso perduto), ma una proposta di vita di qualità :(paradiso) da costruire.

Potremmo spiegare così: Dio Padre (dice Gesù) lavora ed anche io continuo ad operare perché la creazione non è finita. Io lavoro per completare l’azione creatrice di Dio “Così si manifesteranno in lui tutte le opere di Dio”.

Torniamo al Vangelo: Gesù prende del fango (come la parabola del Genesi ci dice che dalla terra ha fatto l’uomo), gli ridà la vista, e lui “rinasce” come una nuova creatura: diventa autonomo e libero, ha riacquistato la dignità che – come cieco – non gli era riconosciuta (era considerato un maledetto da Dio!).

Questa l’oppressione religiosa è spiegata da Giovanni: il potere della religione nel reprimere le persone, renderle infantili, non autonome e i discepoli la pensano ancora così. Gesù, invece, vuole rendere le persone libere, autonome, capaci di ragionare con la propria testa e camminare con le proprie gambe.

(v. 13) “Conducono dai farisei (guide spirituali del popolo) quello che era stato cieco”, vogliono capire la reazione di Gesù. (v. 14)

“Era infatti il sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi”. I farisei, i dotti del tempio, dicevano: se ha ignorato il primo comandamento di Dio (il riposo festivo) non può essere premiato, se trasgredisce il primo comandamento non rispetta tutta  la legge.

Nota. Il sabato i signori della legge avevano indicato 39 lavori manuali che non si potevano fare e 1521 azioni proibite (tra cui  impastare il fango, come aveva fatto Gesù).

Dice Giovanni “ha aperto gli occhi”: è questo che fa paura al potere. Fino a che la gente è cieca, le autorità la possono usare, quando apre gli occhi è finita. Quindi prendono il cieco e lo portano dai farisei. (v. 15) “A loro volta i farisei gli chiesero al cieco nato  come avesse acquistato la vista ed egli disse: mi ha fatto del fango, mi sono lavato e ci vedo” Allora dicono di Gesù: non è nato da Dio perché non osserva il sabato, e per questo è prevista la pena di morte.

I farisei, i santoni della religione, ritengono Gesù un nemico di Dio perché non osserva il sabato. Il loro Dio non si interessa del bene delle persone, ma solo di far rispettare la legge, quella che regola la relazione con Dio.

Vi sono, quindi, due letture dell’”essere da Dio”, essere in linea con lui:  osservare la legge o fare il bene delle persone. Gesù sceglie di fare il bene dell’uomo ed in questo modo dice di essere  sicuro di fare il bene di Dio. Troppe volte si è fatto “il bene di Dio facendo soffrire gli uomini”.

Ma di fronte ai fatti, alcuni vanno in crisi: “come può un uomo peccatore ridare la vista al cieco?” Che cosa è il peccato? E’ trasgressione di una regola – legge nei confronti di Dio? O è il male fatto agli uomini?

Nuovi confronti e interrogatorio da parte della massima autorità (v. 18) “C’era dissenso: non credevano che lui era stato cieco ed avesse recuperato la vista”.

Se Gesù ha violato il comandamento più importante come può guarire? E negano l’evidenza perché questo demolisce tutto il sistema che hanno costruito. Chiamati i genitori (v. 24) a testimoniare e dicono a lui “Dà gloria a Dio, noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore”. Quindi per le autorità religiose quest’uomo è un peccatore.

Ritorna la domanda: che cosa è il peccato? Che cosa è il peccatore? Vogliono, comunque, togliere il diritto a ciascuno di giudicare in proprio, di avere criteri autonomi per valutare.

Prendiamo dagli altri vangeli che parlano del “peccato contro lo Spirito Santo che non sarà perdonato”. Che cosa è? Perché Gesù dice questo? I capi sentenziano “La guarigione è fatta a nome di Belzebù” capo dei demoni. E sono sacerdoti, dotti, il potere “infallibile”, uomini di bibbia che lo affermano.

(v. 26) Il cieco risponde “Se sia un peccatore io non lo so “.Essi  dicono: il bene che Gesù fa è un male? Perche dovrebbero ammettere la fine del sistema di potere, del controllo, del peccato “inventato” dall’autorità religiosa. Qui vedono un cieco che ha riacquistato la vista e negano il fatto perché va contro il sistema teologico.

Per Gesù, invece, il peccato è andare contro il bene dell’uomo,non contro la legge!.

(v. 26) Il cieco risponde “Se sia un peccatore non lo so (non ho studiato teologia, morale e bibbia), ma io una cosa so: ero cieco e ora ci vedo”.

La Chiesa ci ha messo fino al Concilio Vaticano II (1962-65) per ammettere che l’esperienza dell’uomo, la sua coscienza vale più di qualsiasi dottrina, dogma, verità “rivelata”. La libertà di coscienza è la prima cosa.

Le autorità religiose ebraiche non hanno mai un dubbio e dicono che Gesù è un peccatore. Vogliono imporre il loro punto di vista all’uomo guarito, cui non è permesso avere una propria opinione, soprattutto perché peccatore e maledetto da Dio (in quanto cieco).

Di fronte ai capi che dicono “segui la nostra dottrina”, Gesù mette al centro la persona e la sua libertà di coscienza. Il bene che Gesù fa diventa un male perché la loro autorità imposta (che Gesù chiama legge degli uomini e non di Dio) si regge sull’arbitrio di norme, di regole fatte da loro in funzione del mantenimento della loro posizione di potere. L’evangelista ha fatto fare al giovane  una dichiarazione  “Se sia peccatore non lo so. Io una cosa so: ero cieco e adesso ci vedo” che è diventata un’esplosione – cioè che l’esperienza dell’uomo, la sua coscienza è più importante di qualunque dottrina, dogma, verità “rivelata”- e la chiesa impiega quasi 2000 anni per accoglierla. .

Rifacciamoci alla dottrina della Chiesa su questo tema della libertà di coscienza.

1832, Gregorio XXVI papa scrive che la libertà di coscienza è una sentenza erronea, un delirio, guai ad ammetterla, è delirio velenosissimo.

1962-65 Concilio Vaticano II: “dignità dell’uomo”, la coscienza ha il primato nell’individuo. Non è più “velenoso errore”: la scelta della persona è più importante della loro dottrina.

Concluderei questa parte così: la novità che Gesù ha portato è che il suo insegnamento proposto non si classifica come religione del libro, ma fede ,fiducia nell’uomo.

Religione del libro è il testo a cui tutti si riferiscono e l’uomo si sottomette.

 Per Gesù il bene dell’uomo, la vita è il valore più importante assoluto.

Per Gesù non c’è nulla di più importante del bene dell’uomo e la persona è un valore assoluto.

La vita, i valori, l’esperienza delle persone vengono prima di qualunque teologia. Nel vangelo c’è uno che ha recuperato la vista, ma insieme a lui anche tanti che ora aprono gli occhi e le istituzioni hanno paura perché non possono più dire: sei in peccato.

Infatti nessuno può più dirci “siete in peccato” e questo scardina il sistema di ricatto delle coscienze.

Giovanni continua facendo il ritratto dei capi religiosi attraverso il dialogo con il cieco guarito.

Dicono i farisei (v. 34) “Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi? E lo cacciarono fuori”. Non hanno nulla da imparare dalla gente che deve solo ascoltare ed eseguire.

 

Essere cacciati fuori dalla sinagoga non è soltanto essere messi alla porta di un luogo sacro, ma significa morte civile; con lui era proibito ogni contatto, relazione, vendere o comprare. Per “non vivere nel peccato” dovrebbe rinunciare alla vita, all’affettività.

Gesù dice (v.39) “Sono venuto in questo mondo per aprire un processo”, cioè aprire un nuovo atteggiamento contro ogni sistema oppressivo e denuncia il modo di operare dell’istituzione religiosa.

 

A giudicare saranno le stesse persone che lavoreranno a favore del bene dell’uomo o della “legge”?.

E qui Gesù segna uno “spartiacque”, una divisione tra la legge dei farisei (ideologia di potere, dominio) e i bisogni, le scelte delle persone. La pretesa di essere modelli (fariseo significa separato), indicare le loro strade (che Gesù chiama “ciechi che guidano altri ciechi”), che negano l’evidenza e causano la rovina del popolo.

Impongono la loro menzogna come verità. Sono ciechi volontari, che cercano altri da “accecare” con una teologia e una ideologia che non viene da Dio, quello che si è fatto uomo, venuto a servire, a condividere le sofferenze degli uomini.

 

A cura di Fredo  Olivero comunità di san Rocco.  Torino 2013.4