Lc 3, 10-18                            

E NOI CHE COSA DOBBIAMO FARE?

Nel vangelo della scorsa domenica l’evangelista ha presentato Giovanni che, nel deserto, annunzia un battesimo in segno di conversione per ottenere il perdono dei peccati. E’ una sfida quella che lancia Giovanni perché il perdono veniva concesso al tempio attraverso un rito liturgico, e soprattutto attraverso l’offerta di un sacrificio da fare al Signore. Quale sarà la risposta del popolo? Lo vediamo nel vangelo di questa domenica, il 13 dicembre, terza domenica di Avvento. Il brano del vangelo è di Luca, cap. 3, versetti 10-18. Leggiamo. Le folle… quindi la gente risponde a quest’invito alla conversione, la gente ha compreso che il peccato non può essere perdonato attraverso un rito liturgico, ma attraverso un profondo cambiamento di vita. Le folle lo interrogavano: “Che cosa dobbiamo fare?”  Ebbene, nelle risposte che Giovanni Battista dà nulla riguarda il culto, nulla riguarda Dio. Con Giovanni Battista è poi con Gesù è cambiato il concetto di peccato: da offesa a Dio a ciò che offende l’uomo. Ecco allora la risposta di Giovanni Battista alle folle: “Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha”, quindi si tratta della condivisione, “e chi ha da mangiare, faccia altrettanto”. Con Gesù, il Dio che si è fatto uomo, l’evangelista ci presenta il nuovo orientamento dell’umanità: non più rivolta verso Dio, ma verso gli uomini. Con Gesù l’uomo non vivrà più per Dio, ma vivrà di Dio e, con lui e come lui, deve andare verso gli altri. E Dio si esprime attraverso l’amore che diventa generosa condivisione. Poi c’è una sorpresa qui. Vennero anche dei pubblicani. I pubblicani che ci vanno a fare? Loro erano considerati i paria della società, senza diritti civili, erano gli esattori del dazio, considerati e marchiati in maniera indelebile con l’impurità. Per loro non c’era alcuna speranza di salvezza. Ebbene abbiamo visto nel vangelo della scorsa domenica che la salvezza di Dio è annunziata per ogni uomo, anche per gli esclusi, anche per gli emarginati, anche per i condannati. Ebbene, anche questi vanno a farsi battezzare. Ma questi con timidezza chiedono: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”, tradotto letteralmente “E noi che facciamo?” Si sentono quasi intimiditi di fronte al profeta di Dio. Ebbene anche per loro c’è una speranza di salvezza. Stranamente Giovanni Battista non dice: “Smettetela con questo mestiere che vi rende impuri”, dice: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Possono continuare a svolgere un’attività che la religione considera immorale se la vivono normalmente, senza pretendere di più. E questa è una grande sorpresa. Ma le sorprese non sono finite. Dopo gli esclusi che chiedono anche loro il battesimo si avvicinano anche i pagani (per i pagani, come per i pubblicani non c’era speranza di salvezza). Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Ecco la parola di Dio è rivolta a tutti quanti, anche per le categorie per le quali non c’era speranza. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete (cioè prendere il denaro con violenza, con ricatto) niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. Cioè è un invito ad evitare l’ingiustizia, i saccheggi, le rapine di cui erano soliti macchiarsi i soldati. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo … c’era l’attesa del messia, il grande liberatore, e pensano di identificarlo in questo Giovanni. Ebbene Giovanni chiarisce che non è lui il messia. Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua”, quindi vi aiuto a fare un cambiamento di vita, ma poi colui che vi darà la forza per vivere questa vita non sono io. E qui l’evangelista adopera un linguaggio che si rifà all’istituto matrimoniale del tempo, che va spiegato. “Ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali”. Cosa significa questo? A quel tempo esisteva la legge de levirato. In cosa consiste? Quando una donna rimaneva vedova senza un figlio il cognato aveva l’obbligo di metterla incinta. Il bambino che sarebbe nato avrebbe portato il nome del defunto. Era una maniera per perpetuare il nome della persona morta. Quando il cognato si rifiutava prendeva il suo posto colui che nella scala sociale e giuridica veniva dopo di lui, e si procedeva ad una cerimonia dello scalzamento, scioglieva i legacci dei sandali dell’avente diritto, li prendeva, ci sputava sopra, ed era un gesto simbolico con il quale si diceva: “il tuo diritto di mettere incinta questa donna vedova passa a me”. Allora l’evangelista qui sta dicendo, e non è una semplice lezione di umiltà da parte di Giovanni Battista, “colui che deve fecondare questo popolo, considerato una vedova senza più rapporto con Dio, non sono io, ma colui che deve venire”. Infatti, aggiunge Giovanni, “Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. L’azione di Gesù non sarà quella di mettere le persone in un battesimo d’acqua, un liquido che è esterno all’uomo, ma di impregnarli della stessa forza dell’amore divino. Il fuoco era il castigo per chi meritava di essere castigato dal Signore. Ma Gesù poi quando riferirà quest’annunzio di Giovanni Battista, ometterà il fuoco. In Gesù c’è soltanto amore per tutti e non c’è castigo. “Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Ecco qui Giovanni Battista presenta il messia secondo la tradizione di un Dio che premia i buoni e castiga i malvagi. Lo stesso Giovanni Battista più avanti andrà in crisi perché Gesù presenterà un Dio che è semplicemente amore e offre il suo amore a tutti quanti, un Dio che non premia e non castiga i malvagi, ma a tutti, indipendentemente dal loro comportamento, offre continuamente il suo amore. Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. E’ l’annunzio della buona notizia, una buona notizia che poi Gesù porterà a compimento, ma sarà talmente grande che manderà in crisi lo stesso Giovanni che pure l’aveva riconosciuto come messia, che dal carcere gli manderà un avviso molto severo: “Sei tu quello che doveva venire o ne dobbiamo aspettare un altro” La novità dell’amore di Dio, la potenza di questo amore, è talmente grande che sconvolge anche una persona come Giovanni Battista, anche tutti coloro che immaginavano un Dio diverso.

SINTESI

Nel vangelo di oggi la gente risponde all’invito di Giovanni Battista alla conversione, cioè ha compreso che il peccato non può essere perdonato attraverso un rito liturgico, ma attraverso un profondo cambiamento di vita-

Con Gesù l’uomo non vivrà più per Dio, ma vivrà di Dio.

Con lui e come lui deve andare verso gli altri. E Dio si esprime attraverso l’amore che diventa generosa condivisione.

L’unica cosa da farsi, per vivere da uomini e donne compiuti in umanità, è diventare più umani.

Accorgersi che l’altro viene prima di sé stessi.

Giovanni Battista declina di fatto il verbo amare: dare, non esigere, non trattenere, non maltrattare, non estorcere. Si richiama alla giustizia, ma non è ancora giunto a fare esperienza del fuoco dell’amore.

E la giustizia senza la carità può rivelarsi il peggiore dei mali.